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Appendice

Ammortamento anticipato (art. 67, comma 3 del Tuir)

L’ammortamento anticipato previsto dall’art. 67, comma 3, del Tuir, ove non imputato in bilancio a diretta riduzione del valore dei cespiti, può essere dedotto previo accantonamento in un’apposita riserva in bilancio, per la cui costituzione non si rende necessaria l’effettiva imputazione dell’importo corrispondente a conto economico ed è utilizzabile anche una riserva disponibile già esistente.

Ammortamento dei beni concessi in locazione finanziaria (art. 67, comma 8, del Tuir)

Le quote di ammortamento dei beni concessi in locazione finanziaria sono determinate, ai sensi dell’art. 67, comma 8, del Tuir, nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario. Tale disposizione si applica per i beni consegnati a decorrere dal periodo di imposta per il quale il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi scade successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 549 del 1995.

Per i beni consegnati in periodi di imposta precedenti sono fatti salvi, tuttavia, gli effetti derivanti dall’applicazione del menzionato criterio che prevede la deduzione di quote di ammortamento finanziario.

In dipendenza della predetta modifica, inoltre, deve ritenersi che per i beni consegnati in esercizi precedenti a quello di prima applicazione, l’impresa possa, con riguardo a tutti i beni concessi in locazione, computare le quote di ammortamento secondo il piano di ammortamento finanziario. In tal caso il maggior importo complessivamente dedotto negli esercizi precedenti rispetto a quello deducibile secondo il piano di ammortamento finanziario dovrà concorrere a formare il reddito nel periodo di imposta di prima applicazione della norma in esame.

Si ricorda che, ai fini del computo della base su cui si applicano le percentuali previste dall’art. 71 del Tuir, come modificato dall’art. 3, comma 103, lett. d), della stessa legge n. 549 del 1995, è consentito considerare anche i crediti impliciti sui contratti per i quali l’ammortamento è effettuato con il criterio finanziario.

n Associazioni sindacali agricole

L’art. 78, comma 8, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, come modificato dall’art. 62 del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, stabilisce che le associazioni sindacali e di categoria operanti nel settore agricolo, per l’attività di assistenza fiscale resa agli associati, determinano il reddito imponibile applicando all’ammontare dei ricavi il coefficiente di redditività del 9 per cento.

Per tale attività gli obblighi di tenuta delle scritture contabili sono limitati alla registrazione delle ricevute fiscali su apposito registro preventivamente vidimato.

Al riguardo, occorre precisare che per l’individuazione degli incassi conseguiti nell’esercizio di tale attività deve aversi riguardo al criterio di cassa nel cui ambito, peraltro, resta fermo il principio stabilito dalla normativa IVA, in base al quale assumono rilevanza anche gli introiti risultanti da fatture-ricevute fiscali ancorché non riscossi (ciò in analogia a quanto precisato nel DM 18 maggio 1995, per le associazioni sportive senza fini di lucro).

Gli obblighi contabili relativi a detta attività sono limitati alla tenuta del registro previsto dal citato DL n. 331 del 1993.

Pertanto, per le altre attività commerciali eventualmente esercitate dalle associazioni sindacali agricole, diverse da quella rientrante nel regime forfetario, il limite previsto dall’art. 18 del DPR n. 600 del 1973 va riferito esclusivamente ai ricavi conseguiti nell’esercizio di dette altre attività commerciali.

n Calcolo delle plusvalenze delle indennità di esproprio

Ai fini del calcolo delle plusvalenze dei terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria e delle indennità di esproprio e simili, il costo di acquisto deve essere prima aumentato di tutti gli altri costi inerenti e poi rivalutato sulla base della variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. Al costo così determinato e rivalutato va poi sommata l’eventuale Invim pagata. Se si tratta di terreni acquistati per effetto di successione o donazione si assume come prezzo di acquisto il valore dichiarato nelle relative denunce ed atti registrati, e in seguito definito e liquidato, aumentato di ogni altro costo inerente, dell’Invim e dell’imposta di successione pagate, senza operare alcuna rivalutazione sulla base della variazione dell’indice dei prezzi al consumo.

 

n Cessione dei crediti nell’ambito del gruppo (art. 43-ter del DPR n. 602 del 1973)

L’art. 43-ter del DPR n.602 del 1973, introdotto dall’art. 3, comma 94, della legge n. 549 del 1995, ha previsto che le eccedenze dell’IRPEG e dell’ILOR risultanti dalle dichiarazioni dei redditi delle società o enti appartenenti ad un gruppo possono essere cedute senza l’osservanza delle formalità di cui agli artt. 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.

A tali effetti, appartengono al gruppo l’ente o società controllante e le società controllate; si considerano controllate le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata le cui azioni o quote sono possedute direttamente dall’ente o società controllante, o per il tramite di altra società controllata, per una percentuale superiore al 50 per cento del capitale, fin dall’inizio del periodo d’imposta precedente a quello cui si riferiscono i crediti di imposta ceduti. Inoltre, le disposizioni del predetto art. 43-ter si applicano, in ogni caso, alle società e agli enti tenuti alla redazione del bilancio consolidato ai sensi dei decreti legislativi n. 127 del 1991 e n. 87 del 1992 e alle imprese soggette all’IRPEG indicate nell’elenco di cui alla lett. a) del comma 2 dell’art. 38 del predetto decreto n. 127 e nell’elenco di cui alla lett. a) del comma 2 dell’art. 40 del predetto decreto n. 87.

Le disposizioni in esame si applicano alle eccedenze di imposta risultanti dalle dichiarazioni dei redditi presentate successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 549.

La cessione, che può riguardare anche solo parte delle eccedenze dell’IRPEG e dell’ILOR, si considera effettuata a decorrere dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi del cedente dalla quale le stesse emergono; le quote delle eccedenze non cedute possono essere portate in diminuzione dei versamenti d’imposta relativi agli esercizi successivi e/o chieste a rimborso.

La società o l’ente cedente deve, a pena d’inefficacia della cessione, indicare nella dichiarazione dei redditi (Mod. 760 BIS/V) da cui emergono le eccedenze oggetto della cessione stessa, i dati dei soggetti cessionari e gli importi ceduti a ciascuno di essi.

Il cessionario deve indicare, nella prima dichiarazione dei redditi (Mod. 760 BIS/V) presentata dalla data in cui la cessione si considera effettuata, i soggetti cedenti, le date di effettuazione delle cessioni nonché, distintamente, la parte delle eccedenze utilizzate per il versamento delle imposte cui la predetta dichiarazione si riferisce e la parte non utilizzata. Il cessionario stesso deve altresì indicare nelle successive dichiarazioni la parte delle predette eccedenze utilizzate per il versamento delle imposte cui tali dichiarazioni si riferiscono e l’ulteriore parte non utilizzata.

Le eccedenze ricevute possono essere utilizzate per i versamenti, anche in acconto, dell’IRPEG, dell’ILOR e dell’imposta sostitutiva di cui al D.Lgs. n. 358 del 1997,i cui termini scadono contestualmente o successivamente alla data in cui il cedente ha presentato la dichiarazione da cui emergono le eccedenze stesse (indipendentemente dalla data in cui scade il termine per detta presentazione) e, per la parte non utilizzata, possono altresì essere chieste a rimborso in sede di dichiarazione dei redditi.

 

n Conto fiscale

Il conto fiscale è uno strumento a disposizione di imprenditori e professionisti in possesso di partita IVA per facilitare i rapporti debitori e creditori con l’Amministrazione finanziaria, attivo presso il concessionario della riscossione competente secondo il domicilio fiscale del contribuente. Il numero di codice per accedere al proprio conto è dato dall’unione del numero di codice della concessione con il codice fiscale del soggetto intestatario.

Mentre la gestione del conto è affidata al concessionario, le operazioni di apertura e chiusura del conto stesso sono affidate agli uffici dell’IVA (o delle entrate ove istituiti) ai quali la società o l’ente devono rivolgersi se non hanno ricevuto la comunicazione di apertura del conto da parte del concessionario, pur avendone diritto.

Sul conto fiscale vengono annotati tutti i versamenti relativi all’IRPEG, all’ILOR, all’IVA, all’Irap alle imposte sostitutive delle imposte appena indicate, alle imposte versate in base a dichiarazioni integrative (cosiddetto ravvedimento operoso) nonché quelli relativi alle ritenute alla fonte.

Agli intestatari di conto fiscale è riconosciuta la possibilità di richiedere il rimborso delle imposte risultanti dalla dichiarazione direttamente ad un qualunque sportello del proprio concessionario compilando un apposito modello.

Il rimborso viene effettuato senza particolari formalità se l’importo non supera il 10 per cento delle somme annotate sul conto nei due anni precedenti la data della richiesta; se supera tale limite è dovuta, per la parte eccedente, una garanzia in titoli di Stato o mediante polizza bancaria o assicurativa.

La garanzia, qualora non sia prestata contestualmente alla presentazione della domanda, è richiesta dal concessionario e deve essere prestata nel termine massimo di 40 giorni successivi a quello in cui la domanda di rimborso è stata presentata.

L’importo massimo rimborsabile non può superare i 500 milioni.

Se il credito è di ammontare superiore al limite di 500 milioni, la differenza sarà restituita dall’ufficio competente con le ordinarie procedure e potrà essere richiesta al concessionario nel 1999. Il concessionario ha un termine di 60 giorni dalla data di presentazione delle richieste per eseguire il rimborso, se ha disponibilità sui corrispondenti capitoli di bilancio.

Il rimborso viene effettuato esclusivamente mediante bonifico bancario con accredito sul conto corrente indicato dal contribuente.

Entro il 20 marzo di ogni anno il concessionario invia al domicilio del contribuente un estratto conto relativo ai versamenti eseguiti ed ai rimborsi richiesti e ottenuti nell’anno precedente.

 

n Contributi o liberalità (art. 55, comma 3, lett. b) del TUIR)

Ai sensi dell’art. 55, comma 3, lett. b), del TUIR, nel testo vigente fino all’esercizio precedente a quello in corso alla data del 1° gennaio 1998, i proventi conseguiti a titolo di contributo o di liberalità, anche in natura, concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono incassati o in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto; tuttavia il loro ammontare, nel limite del 50 per cento e se accantonato in apposita riserva, concorre a formare il reddito nell’esercizio e nella misura in cui la riserva sia utilizzata per scopi diversi dalla copertura di perdite di esercizio o i beni ricevuti siano assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.

La riserva nella quale sono stati accantonati i proventi incassati a titolo di contributo o di liberalità può essere utilizzata per la copertura delle perdite di esercizi anche diversi da quello nel corso del quale i proventi stessi sono stati percepiti.

Relativamente alla parte del contributo o della liberalità non accantonata è possibile scegliere tra la tassazione per intero nell’esercizio in cui tali proventi sono incassati e la ripartizione in quote costanti in tale esercizio e nei successivi ma non oltre il quarto.

Si precisa che in presenza di un contributo unitario ma erogato in più esercizi le regole predette si applicano autonomamente con riguardo alla parte del contributo incassato in ogni periodo d’imposta.

Nel caso in cui il diritto al conseguimento di un contributo già incassato, in tutto o in parte, sia sottoposto a condizione sospensiva, il contributo stesso rileva fiscalmente soltanto al verificarsi della condizione, costituendo per il percipiente, per la parte già incassata fino al momento di perfezionamento del diritto, un mero debito.

Qualora il contributo sia erogato mediante il riconoscimento di uno specifico credito d’imposta (come ad esempio nei casi previsti dalla legge 5 ottobre 1991, n. 317), lo stesso si considera incassato nel momento e nella misura in cui il credito è utilizzato per il pagamento delle imposte.

Con l’introduzione del criterio di cassa, disposto dalla legge 8 agosto 1994, n. 503, di conversione del DL 29 giugno 1994, n. 416, i proventi di cui trattasi non assumono alcuna rilevanza fiscale nell’esercizio del loro conseguimento. Pertanto, la costituzione dell’apposita riserva, necessaria per beneficiare della sospensione deve avvenire entro - e non oltre - l’esercizio d’incasso dei proventi (sempreché il relativo diritto non sia sottoposto a condizione sospensiva). Tuttavia, qualora il provento sia imputato per competenza in un esercizio anteriore a quello d’insorgenza del presupposto impositivo (incasso), la riserva può essere validamente costituita anche nel bilancio relativo al suddetto esercizio di competenza.

Si precisa, inoltre, che l’accantonamento in questione può essere operato sia a carico dell’utile dell’esercizio d’incasso ovvero dell’esercizio d’imputazione contabile dei proventi e sia vincolando un’altra riserva disponibile già esistente.

Si ricorda, altresì, che a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 549 del 1995, i contributi spettanti a norma di legge esclusivamente in conto esercizio, anche se erogati da soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici, sono considerati ricavi; ciò per effetto delle modifiche recate dall’art. 3, comma 103, lett. a), della legge n. 549 del 1995, all’art. 53, comma 1, lett. f), del TUIR. Tale modifica normativa non riguarda, quindi, i contributi della specie erogati nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla suddetta data, per i quali rimane applicabile la disciplina recata dall’art. 55, comma 3, lett. b), del TUIR.

 

n Contributo del 15 per cento dovuto dai datori di lavoro

Il comma 194 dell’art. 1 della citata legge n. 662 del 1996 ha previsto che i datori di lavoro che non abbiano versato i contributi di previdenza e assistenza sociale sulle contribuzioni e somme di cui all’art. 9-bis, comma 1, del d.l. 29 marzo 1991, n. 103, convertito dalla legge 1° giugno 1991, n. 166, come sostituito dal comma 193 dell’art. 1 della stessa legge n. 662 del 1996, sono tenuti al pagamento di un importo pari al 15 per cento dei predetti contributi e somme.

Il pagamento dell’importo in questione deve essere effettuato in 18 rate bimestrali consecutive di eguale importo, a partire dal 20 febbraio 1997.

Il predetto importo, ove imputato al conto economico, è deducibile ai fini della determinazione del reddito d’impresa ai sensi dell’art. 62 del Tuir (spese per prestazioni di lavoro). Si ricorda, tuttavia, che per espressa previsione del quarto periodo dello stesso comma 194 dell’art. 1 della legge n. 662, è possibile imputare il predetto importo, in parti uguali, al conto economico degli esercizi nei quali abbiano scadenza le rate di pagamento. Pertanto, la deducibilità dell’importo in questione può essere operata anche nel periodo d’imposta in cui abbia inizio la procedura di rateizzazione e nei successivi periodi in cui la stessa procedura abbia corso.

 

n Costruzioni rurali

Non danno luogo a reddito di fabbricati, e non vanno pertanto dichiarate in quanto il relativo reddito è già compreso in quello catastale del terreno, le costruzioni rurali (ed eventuali pertinenze) appartenenti al possessore o all’affittuario dei terreni cui servono, a condizione che siano effettivamente adibite ad abitazione o a funzioni strumentali all’attività agricola dal proprietario, dall’affittuario o dai dipendenti che esercitano attività agricole nell’azienda a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a cento.

Ai fini del riconoscimento della ruralità inoltre:

• il terreno cui il fabbricato si riferisce deve essere situato nello stesso comune o in comuni confinanti e deve avere una superficie non inferiore a 10.000 metri quadrati; se sul terreno sono praticate colture specializzate in serra o la funghicoltura la superficie del terreno deve essere almeno di 3.000 metri quadrati;

• il volume di affari derivante da attività agricole del soggetto che conduce il fondo e dichiarato ai fini IVA per l’anno 1997 deve essere superiore alla metà del reddito complessivo.

In caso di unità immobiliari utilizzate congiuntamente da più soggetti i predetti requisiti devono essere posseduti da almeno uno di tali soggetti.

Se sul terreno insistono più unità immobiliari ad uso abitativo, i requisiti di ruralità devono essere soddisfatti distintamente per ciascuna unità immobiliare.

Nel caso che più unità abitative siano utilizzate da più persone dello stesso nucleo familiare in aggiunta ai precedenti requisiti è necessario che per ciascuna unità sia rispettato anche il limite massimo di cinque vani catastali o di 80 metri quadrati per un abitante e di un vano catastale, o di 20 metri quadrati per ogni abitante oltre il primo.

Le costruzioni non utilizzate che hanno i requisiti in precedenza elencati per essere considerate rurali non si considerano produttive di reddito dei fabbricati. La mancata utilizzazione deve essere comprovata con apposita autocertificazione con firma autenticata, da fornire a richiesta degli organi competenti. L’autocertificazione deve attestare l’assenza di allacciamento alle reti dell’energia elettrica, dell’acqua e del gas.

 

n Crediti d’imposta

 

1) Credito d’imposta sui dividendi

Per effetto dell’art. 14 del TUIR, nel testo vigente fino all’esercizio successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 1996, il credito di imposta sugli utili distribuiti ai soci dalle società di cui alla lettera a) del comma 1 dell’art. 87, spetta nella misura dei 9/16 di detti utili. Tale credito, altresì, spetta sugli utili distribuiti ai partecipanti dagli enti di cui alla lett. b) del comma 1 dell’art. 87, se la relativa delibera di distribuzione è stata adottata dopo la data di chiusura dell’esercizio in corso al 1° gennaio 1988.

Il credito d’imposta sui dividendi spetta nella misura del 25 per cento degli utili percepiti se derivano dalla distribuzione di riserve o fondi che sono stati affrancati ai sensi dell’art. 8, comma 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 408.

Il credito di imposta spetta altresì nella misura del 25 per cento degli utili percepiti che derivano da riserve o fondi affrancati ai sensi dell’art. 22, commi 1 e 2, del D.L. n. 41 del 1995 se la loro distribuzione sia deliberata entro il secondo esercizio successivo a quello in corso alla data del 24 febbraio 1995 o da riserve o fondi affrancati ai sensi del comma 4 del predetto art. 22 se la loro distribuzione sia deliberata entro il terzo esercizio successivo a quello in corso alla data del 24 febbraio 1995.

Il credito di imposta sui dividendi spetta ugualmente nella misura del 25 per cento qualora la distribuzione, relativa alle riserve o ai fondi affrancati ai sensi degli artt. 23, comma 1, e 24 del DL n. 41 del 1995, sia deliberata entro il terzo esercizio successivo a quello in corso alla data del 24 febbraio 1995.

Per effetto dei commi 6-bis e 7-bis dell’art. 14, il credito di imposta sui dividendi non spetta:

– limitatamente agli utili la cui distribuzione è stata deliberata anteriormente alla data di acquisto, ai soggetti che acquistano dai fondi comuni di investimento di cui alla legge 23 marzo 1983, n. 77, e successive modificazioni, o dalle società di investimento a capitale variabile (SICAV), di cui al decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 84, azioni o quote di partecipazione nelle società o enti indicati alle lettere a) e b) dell’art. 87 del TUIR;

– per gli utili percepiti dall’usufruttuario allorché la costituzione o la cessione del diritto di usufrutto siano state poste in essere da soggetti non residenti, privi nel territorio dello Stato di una stabile organizzazione.

 

2) Credito d’imposta sui proventi derivanti dalla partecipazione a fondi comuni di investimento mobiliare aperti ed alle SICAV

Per effetto dell’art. 9, comma 3, della legge 23 marzo 1983, n. 77, come modificata dal decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 83, alle società ed enti di cui all’art. 87 è riconosciuto un credito di imposta pari al 15 per cento dei proventi percepiti derivanti dalla partecipazione ai fondi comuni di investimento mobiliare aperti e alle società di investimento a capitale variabile (SICAV) di diritto nazionale.

Si precisa al riguardo che detto credito spetta in relazione ai proventi maturati a decorrere dalla data di acquisto.

Per gli enti non commerciali, il credito di imposta è riconosciuto per i proventi derivanti dalle partecipazioni ai fondi assunte nell’esercizio di imprese commerciali, che concorrono a formare il reddito.

 

3) Credito d’imposta sui proventi derivanti dalla partecipazione a fondi comuni di investimento mobiliare chiusi

Ai sensi dell’art. 11, comma 4, della legge 14 agosto 1993, n. 344, sui proventi di ogni tipo, spettanti a soggetti che esercitano imprese commerciali, derivanti dalle partecipazioni ai fondi comuni d’investimento mobiliare chiusi, comprese le plusvalenze realizzate in sede di cessione o di riscatto delle quote, purché la partecipazione al fondo sia di durata non inferiore ad un triennio, è riconosciuto un credito d’imposta pari al 25 per cento dei proventi stessi.

 

4) Credito d’imposta sui proventi derivanti dalla partecipazione a fondi comuni di investimento immobiliare chiusi

Ai sensi dell’art. 15, comma 6, della legge 25 gennaio 1994, n. 86 così come modificato dal DL 26 settembre 1995, n. 406, convertito nella legge 29 novembre 1995, n. 503, per i proventi di ogni tipo derivanti a soggetti che esercitano imprese commerciali dalla partecipazione ai fondi di investimento immobiliare chiusi, spetta il credito di imposta di cui all’art. 14, comma 2, nella misura del 20 per cento dei proventi imputabili al periodo di possesso delle quote di partecipazione effettivamente assoggettati ad imposizione nei confronti del fondo.

 

5) Credito per le imposte pagate all’estero

Ai fini della determinazione del credito per le imposte pagate all’estero, vanno considerate esclusivamente le imposte pagate in via definitiva nel periodo di imposta cui si riferisce la presente dichiarazione non suscettibili di modificazioni a favore del contribuente né di rimborsi, e quindi con esclusione delle imposte pagate in acconto, in via provvisoria e, in genere, di quelle per le quali è previsto il conguaglio con possibilità di rimborso totale o parziale.

L’ammontare del credito per le imposte pagate all’estero deve risultare da apposite distinte, da predisporre e conservare, nelle quali vanno riportati, separatamente per ogni stato estero, i seguenti elementi necessari per la sua quantificazione:

– ammontare dei redditi prodotti all’estero;

– ammontare delle imposte pagate all’estero in via definitiva relative ai redditi dichiarati nella presente dichiarazione e ammontare dei redditi dichiarati nell’esercizio cui le imposte stesse si riferiscono.

Al riguardo si fa presente che la misura massima del credito va così determinata:

Credito di imposta    =   Reddito estero x Imposta lorda italiana
                             Reddito complessivo + credito di imposta sui dividendi

Se il reddito è stato diminuito per effetto di perdite riportate da precedenti esercizi, l’imposta italiana va indicata in modo virtuale, prendendo come base di commisurazione il reddito complessivo aumentato delle perdite stesse (art. 5 del DPR 4 febbraio 1988, n. 42).

Resta fermo che l’ammontare complessivo del credito per le imposte pagate all’estero non può eccedere l’imposta dovuta in Italia.

Per gli enti non commerciali per i quali il reddito complessivo è determinato secondo le disposizioni dell’art. 8, l’imposta italiana e il reddito complessivo vanno rideterminati considerando il reddito di impresa e quello di partecipazione in società di persone che svolgono attività commerciale, al lordo delle perdite eventualmente scomputate da tali redditi.

Se le imposte relative ai redditi del periodo di imposta cui si riferisce la presente dichiarazione saranno, in tutto o in parte, pagate negli esercizi successivi in via definitiva, anche a seguito di rettifiche o di accertamenti da parte dello Stato estero, il contribuente potrà chiederne la detrazione nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui sarà avvenuto il pagamento, ferma restando la detrazione nella presente dichiarazione della parte di esse già pagata in via definitiva nel periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione stessa.

Si precisa che, se nel periodo cui la presente dichiarazione si riferisce sono stati effettuati pagamenti in via definitiva o hanno acquistato il carattere della definitività pagamenti effettuati nei periodi di imposta precedenti per imposte relative ai redditi compresi nelle dichiarazioni presentate per tali periodi, i relativi importi devono essere indicati separatamente nelle anzidette distinte. In tali distinte vanno inoltre indicati (unitamente all’eventuale maggior reddito, rispetto a quello dichiarato, definitivamente accertato nello stato estero per ciascuno dei predetti periodi) il reddito estero, il reddito complessivo e l’imposta italiana dichiarati per il periodo d’imposta cui si riferisce il pagamento effettuato in via definitiva nonché l’eventuale minor reddito cui il pagamento stesso si riferisce.

Si sottolinea infine che con alcuni paesi con i quali sono in vigore Convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni è contenuta una clausola particolare per cui, se lo stato estero ha esentato da imposta, in tutto o in parte, un determinato reddito prodotto nel proprio territorio, il soggetto residente in Italia ha comunque diritto a chiedere il credito per l’imposta estera come se questa fosse stata effettivamente pagata (ad esempio, l’art. 24 paragrafo 3, della Convenzione con l’Argentina o l’art. 23, paragrafo 3, della Convenzione con il Brasile).

 

n Credito d’imposta sui registratori di cassa (art. 3 della legge 26 gennaio 1983, n. 18)

Si ricorda che l’art. 14, comma 15, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, limita il riconoscimento del credito d’imposta (fino al 31 dicembre 1997) ai soli soggetti per i quali, in base all’art. 12 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, l’obbligo di installare gli apparecchi misuratori è sorto a partire dal 1° gennaio 1993, anche in conseguenza dell’opzione per il rilascio dello scontrino fiscale in luogo della ricevuta fiscale. Il credito d’imposta non spetta, invece, per i soggetti già obbligati al rilascio dello scontrino fiscale per effetto della legge n. 18 del 1983; i detti soggetti non possono altresì avvalersi, per tali apparecchi, delle disposizioni di cui all’art. 3, ultimo comma, della stessa legge n. 18, concernenti la disciplina degli ammortamenti.

 

Credito d’imposta per l’invio del questionario relativo agli studi di settore.

Ai contribuenti che, in proprio o tramite terzi, trasmettono su supporto magnetico i dati richiesti con i questionari finalizzati all’elaborazione degli studi di settore, è riconosciuto un credito d’imposta di lire diecimila, da utilizzare in occasione della presentazione della prima dichiarazione dei redditi successiva alla presentazione del questionario summenzionato. Detto credito d’imposta non costituisce componente positivo di reddito, né rileva ai fini della determinazione del rapporto di cui all’art. 63 del Tuir.

 

n Detassazione del reddito d’impresa reinvestito (art. 3 del DL 10 giugno 1994, n. 357, convertito dalla L. 8 agosto 1994, n. 489; art. 3, comma 89, legge 28 dicembre 1995, n. 549)

Recupero dell’agevolazione in caso di cessione dei beni oggetto di investimento

L’art. 3 comma 89, della L. n. 549 del 1995, ha introdotto una disciplina di carattere antielusivo per effetto della quale si procede al recupero dell’agevolazione nel caso in cui i beni oggetto di investimento siano ceduti entro il secondo periodo di imposta successivo a quello di realizzazione degli investimenti stessi.

In particolare, la norma prevede che il reddito escluso dall’imposizione si ridetermina diminuendo il volume degli investimenti del periodo di imposta agevolato di un ammontare pari alla differenza tra i corrispettivi derivanti dalle cessioni dei beni oggetto di agevolazione (con esclusione di quelle effettuate nel corso di procedure concorsuali), da assumere indipendentemente dall’ammontare dei costi che hanno concorso alla formazione del predetto volume di investimento e i costi sostenuti nello stesso periodo di imposta in cui si procede alle cessioni, per la realizzazione di investimenti delle stesse tipologie previste dall’art. 3 del D.L. n. 357 del 1994 e dal comma 87 dell’art. 3 della L. n. 549 del 1995 (con esclusione, in ogni caso, degli investimenti in immobili strumentali per natura non utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa da parte del possessore).

A tal fine assumono rilievo tutte le operazioni di cessione da cui derivano componenti di reddito fiscalmente rilevanti. Nel volume dei disinvestimenti rilevanti, agli stessi effetti, va ricompreso anche il valore normale dei beni destinati o assegnati ai soci anche in sede di liquidazione ordinaria o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa. Pertanto, assumono rilevanza ai fini in questione gli atti di conferimento in società e le operazioni di cessione dell’azienda o di rami aziendali.

La differenza tra il reddito a suo tempo agevolato e quello così rideterminato costituisce una sopravvenienza attiva del periodo di imposta in cui si verificano le cessioni, che dovrà essere indicata nella dichiarazione dei redditi.

Come già ricordato il beneficio della detassazione è escluso per gli immobili strumentali per natura non utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa da parte del soggetto che ha effettuato l’investimento. Pertanto, nel caso in cui l’immobile strumentale sia per natura che per destinazione perda quest’ultima caratteristica entro i due periodi di imposta successivi, il cambio di destinazione è da considerarsi equivalente a una operazione di cessione con le conseguenze da essa derivanti, assumendo ai fini della determinazione dell’eventuale sopravvenienza attiva, il valore normale da determinare con riferimento al momento del cambio di destinazione.

Si precisa, inoltre, che in caso di cambiamento della destinazione territoriale degli investimenti agevolati ai sensi del citato comma 85, legge n. 549 del 1995, tale operazione deve considerarsi ugualmente equiparata ad un atto di cessione; in tal caso occorre assumere il valore del bene da determinare in riferimento al momento del trasferimento dello stesso.

Si ricorda che l’investimento consistente nell’acquisto dei veicoli cui si applica il regime di deducibilità limitata di cui all’art. 67, comma 10, del Tuir, concorre a formare il volume degli investimenti agevolabili per un ammontare pari al 50 per cento del costo sostenuto. Corrispondentemente, nel caso di cessione dei beni in esame occorrerà tener conto, ai fini della decurtazione degli investimenti, del 50 per cento del corrispettivo realizzato.

 

n Dividendi distribuiti da società non residenti (art. 96-bis del Tuir)

Gli utili distribuiti da società residenti in uno Stato membro della U.E., aventi i requisiti richiesti al comma 2 dell’art. 96-bis, in occasione diversa dalla liquidazione della società stessa, non concorrono alla formazione del reddito d’esercizio per un ammontare pari al 95 per cento del loro ammontare, sempreché la partecipazione diretta nel capitale della società erogante non sia inferiore al 25 per cento e sia detenuta ininterrottamente da almeno un anno.

L’agevolazione prevista spetta anche se alla data di delibera di distribuzione di dividendi non sia già decorso il periodo di un anno di detenzione ininterrotta stabilito dal legislatore italiano. Ai fini della determinazione del suddetto periodo minimo, devono quindi essere computati i giorni di detenzione continuativa nei periodi anteriore e successivo alla data della delibera di distribuzione.

 

n Erogazioni liberali a favore delle fondazioni di diritto privato operanti nel settore musicale (art. 25, comma 2, D.Lgs n. 367 del 1996)

L’art. 25, comma 2, del Decreto Legislativo 29 giugno 1996, n. 367 stabilisce che il limite del 2 per cento previsto dagli artt. 13 bis, comma 1, lettera i) e 65, comma 2, lettera c-quinques) del Tuir è elevato al 30 per cento per le somme versate al patrimonio della fondazione di diritto privato derivante dalla trasformazione degli enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale al momento della sua costituzione, per le somme versate come contributo alla gestione della fondazione nell’anno in cui è pubblicato il decreto che approva la trasformazione e per le somme versate come contributo alla gestione della fondazione per i tre periodi di imposta successivi alla data di pubblicazione del decreto che approva la trasformazione.

 

n Esclusione dall’ILOR

Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, istitutivo dell’imposta comunale sugli immobili, all’art. 17, comma 4, stabilisce che sono esclusi dall’ILOR i redditi di fabbricati a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali od oggetto di locazione, i redditi dominicali delle aree fabbricabili e dei terreni agricoli, nonché i redditi agrari di cui all’art. 29 del TUIR.

Per tutti i terreni e i fabbricati posseduti a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale relativi all’impresa (strumentali, beni-merce ed altri) e non locati, l’importo del reddito d’impresa da escludere dall’ILOR coincide sempre con la rendita catastale dell’immobile.

Il medesimo criterio si rende applicabile anche per i fabbricati strumentali concessi ad esempio, in locazione finanziaria o per quelli facenti parte dell’unica azienda concessa in affitto.

Per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, ai fini dell’esclusione dall’ILOR va fatto riferimento al valore determinato applicando ai costi di acquisizione degli immobili i coefficienti di aggiornamento stabiliti in relazione all’anno in cui detti costi sono stati sostenuti (cioè all’imponibile determinato ai fini dell’ICI).

Da tale "valore patrimoniale" dell’immobile occorre desumere, sia pure convenzionalmente, il reddito, applicando il divisore pari a 50, che è il coefficiente di moltiplicazione applicabile alle rendite catastali delle unità immobiliari classificate nel gruppo D.

Per i fabbricati non ancora iscritti in catasto e per quelli che, pur censiti, sono ancora sprovvisti di rendita, o la cui rendita risulta non più rispondente alla situazione originariamente considerata, deve essere assunta la rendita attribuita a fabbricati similari.

Qualora il fabbricato risulti già accatastato, le risultanze vanno disattese solo se il possessore ha sottoposto l’immobile stesso a variazioni o adattamenti tali da mutarne la classificazione catastale. In tal caso si deve tener conto delle nuove caratteristiche catastali anche se il nuovo accatastamento non risulti ancora avvenuto; e ciò non solo quando il possessore abbia già presentato la domanda per il nuovo accatastamento, ma anche quando detta domanda sia stata omessa.

Per i terreni dati in affitto per uso agricolo si applica il disposto dell’art. 129, comma 1 del Tuir.

Per i terreni dati in affitto per uso non agricolo è escluso dall’ILOR un importo pari alla rendita catastale.

Per i fabbricati relativi all’impresa dati in locazione va escluso dall’ILOR un importo pari:

a) alla rendita catastale o, se superiore, al canone di locazione ridotto forfetariamente del 15 per cento (o del 25 per cento per i fabbricati siti nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano);

b) al canone di locazione ridotto del 15 per cento (o del 25 per cento per i fabbricati siti nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano) per le unità immobiliari date in locazione in regime legale di determinazione del canone.

 

n Immobili inagibili

Nei casi di inagibilità per accertato degrado fisico (immobili diroccati, pericolanti o fatiscenti) e per obsolescenza funzionale, strutturale e tecnologica (non superabile con interventi di manutenzione) è possibile attivare una procedura catastale volta a far risultare la mancanza dei requisiti che determinano l’ordinaria destinazione del cespite immobiliare e, quindi, ad ottenere la variazione dell’accertamento catastale.

Tale procedura consiste nell’inoltro all’UTE di una denuncia di variazione, corredata dell’attestazione degli organi comunali o di eventuali ulteriori organi competenti, entro il 31 gennaio, con effetto per l’anno in cui la denuncia è stata prodotta e per gli anni successivi. Ciò, naturalmente, sempreché l’unità immobiliare non sia di fatto utilizzata. Coloro che hanno attivato tale procedura, oltre ad indicare il codice 3 nella colonna 6 relativa ai casi particolari, devono dichiarare nella colonna 1 la nuova rendita attribuita dall’UTE o, in mancanza, la rendita presunta.

Se il contribuente non ha messo in atto la procedura di variazione, il reddito di dette unità immobiliari deve essere assoggettato a imposizione secondo i criteri ordinari.

 

n Immobili strumentali dell’impresa

Ai fini delle imposte sui redditi si considerano strumentali ai sensi dell’art. 40, comma 2 del TUIR:

– gli immobili utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa commerciale da parte del possessore (cosiddetti strumentali per destinazione);

– gli immobili relativi ad imprese commerciali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, anche se non utilizzati o anche se dati in locazione o in comodato (cosiddetti strumentali per natura) classificati o classificabili nei gruppi B (unità immobiliari per uso di alloggi collettivi), C (unità immobiliari a destinazione ordinaria commerciale e varia), D (immobili a destinazione speciale), E (immobili a destinazione particolare) e nella categoria A/10 (uffici e studi privati), a condizione che la destinazione ad ufficio o studio sia prevista nella licenza o concessione edilizia, anche in sanatoria.

Per gli immobili che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, le quote di ammortamento vanno calcolate sul costo storico di acquisizione (anche per le unità immobiliari acquisite in esercizi precedenti a quello avente inizio dopo il 31 dicembre 1987 e tenendo conto, per quelle acquisite anteriormente al 1° gennaio 1974, dei criteri di cui al DPR 23 dicembre 1974, n. 689). Se l’immobile è stato acquisito in esercizi anteriori a quello avente inizio dopo il 31 dicembre 1987, il contribuente può dedurre soltanto le quote di ammortamento maturate a partire dall’esercizio avente inizio dopo il 31 dicembre 1987, mentre non possono essere computate in diminuzione le quote relative a periodi d’imposta precedenti, non deducibili in base alla previgente normativa.

 

n Immobilizzazioni finanziarie (art. 54, comma 4, del TUIR)

L’art. 3, comma 106, della legge n. 549 del 1995, ha chiarito che agli effetti dell’applicazione delle disposizioni del secondo periodo del comma 4 dell’art. 54 del TUIR, che consente la rateizzazione delle plusvalenze conseguite, si considerano immobilizzazioni finanziarie iscritte come tali in bilancio anche le partecipazioni figuranti nei bilanci redatti secondo le disposizioni del codice civile vigenti anteriormente alle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 127 del 1991, la cui natura di immobilizzazioni emergeva in modo inequivocabile dalle indicazioni dei bilanci stessi o da altri elementi certi e precisi della contabilità.

 

n Imposte indeducibili

Sulla base dell’art. 64, comma 1, del TUIR le imposte sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione.

Non sono altresì deducibili l’imposta sul patrimonio netto delle imprese, istituita con D.L. 30 settembre 1992, n. 394, convertito dalla legge 26 novembre 1992, n. 461, e l’imposta comunale sugli immobili, istituita con decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, nonché l’imposta sostitutiva di cui al D.Lgs. 8 ottobre 1997, n. 358.

 

n Interessi passivi e costi indiretti (art. 76, comma 1, lett. b), del TUIR)

Per i beni materiali ed immateriali strumentali per l’esercizio dell’impresa si comprendono nel costo, fino al momento della loro entrata in funzione e per la quota ragionevolmente imputabile ai beni medesimi, gli interessi passivi relativi alla loro fabbricazione, interna o presso terzi, nonché quelli sui prestiti contratti per la loro acquisizione, a condizione che siano imputati nel bilancio ad incremento del costo stesso. Con i medesimi criteri previsti per gli interessi passivi possono essere aggiunti al costo di fabbricazione anche i costi diversi da quelli direttamente imputabili al prodotto.

Per gli immobili alla cui produzione è diretta l’attività dell’impresa si comprendono nel costo gli interessi passivi sui prestiti contratti sia per la loro costruzione che per la loro ristrutturazione, a condizione che siano stati imputati nel bilancio ad incremento del costo stesso.

 

n Lottizzazione

Questa voce interessa in particolare i soggetti tenuti a dichiarare le plusvalenze di cui all’art. 81, comma 1, lett. a), del TUIR.

Al riguardo si sottolinea che la nozione tecnica di lottizzazione è desumibile dall’art. 8 della legge 6 agosto 1967, n. 765, che ha sostituito i primi due commi dell’art. 28 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, nonché dalla circolare n. 3210 del 28 ottobre 1967, con la quale il Ministero dei lavori pubblici, in sede di istruzioni alle nuove disposizioni di cui alla citata legge n. 765 del 1967, ha precisato che costituisce lottizzazione non il mero frazionamento dei terreni, ma qualsiasi utilizzazione del suolo che, indipendentemente dal frazionamento fondiario e dal numero dei proprietari, preveda la realizzazione contemporanea o successiva di una pluralità di edifici a scopo residenziale, turistico o industriale e, conseguentemente, comporti la predisposizione delle opere di urbanizzazione occorrenti per le necessità primarie e secondarie dell’insediamento.

Assume rilievo ai fini della normativa in esame ogni operazione obiettivamente considerata di lottizzazione o di esecuzione d’opere per l’edificabilità di terreni anche al di fuori o in contrasto con i vincoli urbanistici.

 

n Oneri deducibili ed oneri per cui spetta una detrazione di imposta

n Oneri deducibili

Dal reddito complessivo degli enti non commerciali, si deducono, se non sono deducibili nella determinazione del reddito d’impresa che concorre a formarlo, i seguenti oneri:

– canoni, livelli, censi ed altri oneri gravanti sui redditi degli immobili che concorrono a formare il reddito complessivo, compresi i contributi ai consorzi obbligatori per legge o in dipendenza di provvedimenti della pubblica amministrazione ed esclusi i contributi agricoli unificati;

– contributi, donazioni e oblazioni erogati in favore delle organizzazioni non governative idonee ai sensi dell’art. 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, per un importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato; a tal fine il reddito da assumere è quello di rigo 29 del Mod. 760 BIS/B;

– l’INVIM decennale di cui all’art. 3 del DPR 26 ottobre 1972, n. 643, per quote costanti nell’esercizio in cui avviene il pagamento e nei quattro successivi;

– le somme corrisposte ai dipendenti chiamati ad adempiere funzioni presso gli uffici elettorali in ottemperanza alla legge.

 

n Oneri per i quali spetta una detrazione d’imposta

Dall’imposta lorda degli enti non commerciali si detrae, fino a concorrenza del suo ammontare, un importo pari al 22 per cento degli oneri sottoindicati a condizione che non siano deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo:

– gli interessi passivi e relativi oneri accessori, nonché le quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione, pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della Comunità europea ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti in dipendenza di prestiti o mutui agrari di ogni specie, nei limiti dei redditi dei terreni dichiarati;

– gli interessi passivi e relativi oneri accessori, nonché le quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili stipulati fino al 1990 - o, nei casi e alle condizioni di cui all’art. 7 della legge 22 aprile 1982, n.168, stipulati fino al 31 dicembre 1992 - nel limite di lire 4 milioni;

– le spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate ai sensi della legge 1° giugno 1939, n.1089 e del D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409, nella misura effettivamente rimasta a carico. La necessità delle spese, quando non siano obbligatorie per legge, deve risultare da apposita certificazione rilasciata dalla competente soprintendenza del Ministero per i beni culturali e ambientali, previo accertamento della loro congruità effettuato d’intesa con l’ufficio tecnico erariale competente per territorio. La detrazione non spetta in caso di mutamento di destinazione dei beni senza la preventiva autorizzazione dell’Amministrazione per i beni culturali e ambientali, di mancato assolvimento degli obblighi di legge per consentire l’esercizio del diritto di prelazione dello Stato sui beni immobili e mobili vincolati e di tentata esportazione non autorizzata di questi ultimi, l’Amministrazione per i beni culturali ed ambientali dà immediata comunicazione al competente ufficio finanziario delle violazioni che comportano la perdita del diritto alla detrazione; dalla data di ricevimento della comunicazione inizia a decorrere il termine per la rettifica della dichiarazione dei redditi;

– le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e di associazioni legalmente riconosciute che, senza scopo di lucro, svolgono o promuovono attività di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico, effettuato per l’acquisto, la manutenzione, la protezione o il restauro delle cose indicate nell’art. 1 della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e nel D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409, ivi comprese le erogazioni effettuate per l’organizzazione di mostre e di esposizioni, che siano di rilevante interesse scientifico o culturale, delle cose anzidette, e per gli studi e le ricerche eventualmente a tal fine necessari. Le mostre, le esposizioni, gli studi e le ricerche devono essere autorizzati previo parere del competente comitato di settore del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, dal Ministero per i beni culturali e ambientali, che dovrà approvare la previsione di spesa ed il conto consuntivo. Il Ministero per i beni culturali e ambientali stabilisce i tempi necessari affinché le erogazioni fatte a favore delle associazioni legalmente riconosciute, delle istituzioni e delle fondazioni siano utilizzate per gli scopi preindicati, e controlla l’impiego delle erogazioni stesse. Detti termini possono, per causa non imputabile al donatario, essere prorogati una sola volta. Le erogazioni liberali non integralmente utilizzate nei termini assegnati ovvero utilizzate non in conformità alla destinazione affluiscono, nella loro totalità, all’entrata dello Stato;

– le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato, a favore di enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo, effettuate per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento delle strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari settori dello spettacolo. Le erogazioni non utilizzate per tali finalità dal percipiente entro il termine di due anni dalla data del ricevimento affluiscono, nella loro totalità, all’entrata dello Stato;

– le erogazioni liberali a favore delle fondazioni di diritto privato operanti nel settore musicale di cui all’art. 25, comma 2, del Decreto legislativo n. 367 del 1996.

 

n Operazioni in valuta

In alternativa all’accantonamento per rischi di cambio è consentita la valutazione della totalità dei debiti e dei crediti in valuta estera risultanti in bilancio, anche se rappresentati da obbligazioni o titoli similari, secondo il cambio rilevato dalla data di chiusura dell’esercizio.

In entrambi i casi, comunque, non si tiene conto dei debiti e dei crediti per i quali il rischio di cambio è insussistente, in quanto coperto da contratti a termine, da contratti di assicurazione o da altri contratti aventi effetti sostanzialmente analoghi come, ad esempio, i contratti swap.

Con riguardo a questi ultimi contratti, aventi la finalità di annullare il rischio di cambio in modo che non si producano perdite o utili di cambio alla scadenza del contratto, si precisa che avrà rilevanza fiscale la valutazione del credito o del debito in coerenza con la valutazione del contratto di copertura.

Per le società che intrattengono in modo sistematico rapporti in valuta estera, viene consentita la tenuta della contabilità plurimonetaria; in tal caso concorrono a formare il reddito le differenze positive o negative risultanti dall’applicazione del cambio di fine esercizio ai saldi dei relativi conti.

 

n Opere, forniture e servizi di durata ultrannuale

Per le modalità di contabilizzazione del valore delle opere, forniture e servizi di durata ultrannuale, a norma dei primi quattro commi dell’art. 60 del TUIR e per la compilazione del prospetto da predisporre e conservare ai sensi del comma 6 dell’art. 60 del TUIR stesso, si fa richiamo alle istruzioni contenute nella circolare n. 36 del 22 settembre 1982 pubblicata nella G.U. del 18 ottobre 1982 n. 287.

Per effetto del combinato disposto dell’art. 60, comma 5, del TUIR e dell’art. 9 del D.P.R. n. 42 del 1988, le imprese che contabilizzano in bilancio le opere, forniture e servizi di durata ultrannuale valutando le rimanenze al costo, possono essere autorizzate, previa richiesta presentata o spedita mediante raccomandata all’ufficio delle imposte, ad adottare lo stesso metodo anche ai fini della determinazione del reddito, tenendo presente che l’autorizzazione ha effetto dall’esercizio in corso alla data in cui è rilasciata (o si intende rilasciata). La richiesta si intende accolta se l’ufficio non notifica avviso contrario entro tre mesi dalla data di presentazione o di spedizione dell’istanza. Si precisa che detto metodo di valutazione si applica relativamente a tutte le opere, forniture e servizi pattuiti come oggetto unitario di contratti la cui esecuzione ha inizio nell’esercizio nel quale l’autorizzazione è stata concessa (o si intende concessa) nonché alle opere, forniture e servizi la cui esecuzione ha avuto inizio in esercizi precedenti limitatamente alle rimanenze formatesi a decorrere dal predetto esercizio.

 

n Perdite d’impresa in contabilità ordinaria

Ai sensi dell’art. 8, comma 1, del Tuir, il reddito complessivo si determina sommando i redditi di ogni categoria che concorrono a formarlo e sottraendo le perdite derivanti dall’esercizio di imprese commerciali di cui all’art 79 e quelle derivanti dall’esercizio di arti e professioni.

Ai sensi del comma 3 dell’art.8, le perdite derivanti dall’esercizio di attività commerciali nonché quelle derivanti da partecipazioni in società in nome collettivo e in accomandita semplice, in contabilità ordinaria, possono essere compensate in ciascun periodo d’imposta con i redditi derivanti dalle predette attività e/o partecipazioni (sia in contabilità ordinaria che semplificata) e limitatamente all’importo che trova capienza in essi. L’eccedenza può essere portata in diminuzione dei redditi derivanti dalle predette attività e/o partecipazioni negli esercizi successivi ma non oltre il quinto.

La descritta compensazione delle perdite d’impresa in contabilità ordinaria con i redditi d’impresa conseguiti dallo stesso soggetto si effettua, a scelta del contribuente, nel Modello 760 BIS/RA o 760 BIS/RD, e/o 760 BIS/RH, in cui è stato conseguito un reddito d’impresa positivo.

Si fa presente che la compensazione con il reddito di impresa conseguito nel periodo di imposta dovrà essere effettuata preliminarmente con le perdite d’impresa in contabilità ordinaria conseguite nel medesimo periodo di imposta e, per la parte non compensata, con l’eventuale eccedenza di perdite in contabilità ordinaria non compensate nei precedenti periodi d’imposta.

Le perdite d’impresa in contabilità ordinaria (comprese le eccedenze dei periodi d’imposta precedenti) non compensate nei Modelli 760 BIS/RA o 760 BIS/RD, e/o 760 BIS/RH dovrà essere riportata nel Prospetto delle perdite d’impresa in contabilità ordinaria non compensate nell’anno, contenuto nel mod. 760 BIS/RU, secondo le istruzioni ivi previste.

In merito alle perdite realizzate nei primi tre periodi di imposta, formatesi ad decorrere dal 1997, vedi la voce "Riporto delle perdite" contenuta nelle "Novità della disciplina del reddito d’impresa".

 

n Plusvalenze patrimoniali

L’operatività della scelta per la tassazione delle plusvalenze realizzate in quote costanti, già prevista dalla previgente normativa, è subordinata alla condizione che i beni siano stati posseduti da almeno tre anni, computando detto termine secondo le disposizioni dell’art. 2963 del codice civile.

Si precisa che i beni già detenuti in locazione finanziaria si devono ritenere acquisiti nel giorno in cui ha effetto il riscatto e che in caso di cessione d’azienda occorre far riferimento al giorno in cui la stessa è stata acquisita o l’impresa si è costituita.

Si ricorda che concorrono a formare il reddito le plusvalenze iscritte nello stato patrimoniale, restando pertanto irrilevante la eventuale menzione del maggiore valore nella nota integrativa.

Per i beni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie la disposizione che consente di far concorrere a tassazione le plusvalenze per quote costanti si applica per quelli iscritti come tali negli ultimi tre bilanci; le plusvalenze realizzate si considerano riferite innanzitutto alle immobilizzazioni finanziarie acquisite in data più recente.

I maggiori valori delle immobilizzazioni finanziarie costituite da partecipazioni in imprese controllate o collegate – valutate in base al "metodo del patrimonio netto" – non concorrono a formare il reddito per la parte eccedente le minusvalenze già dedotte. Tali maggiori valori concorrono a formare il reddito nell’esercizio e nella misura in cui siano comunque realizzati (ad esempio, per cessione della partecipazione o incasso dividendi).

 

n Redditi di capitale di fonte estera soggetti ad imposta sostitutiva

Con questa denominazione viene fatto riferimento ad una serie di redditi di capitale per i quali il legislatore ha disposto, in via di massima, l’esclusione dal concorso alla formazione del reddito complessivo soggetto all’Irpef in quanto trattasi di redditi che, se conseguiti in Italia per il tramite di un soggetto al quale viene attribuita la veste di sostituto d’imposta, sarebbero stati assoggettati ad una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta.

A decorrere dall’anno 1997 tali redditi vengono assoggettati al pagamento di un’imposta sostituiva nella misura della ritenuta applicata in Italia sui redditi della stessa natura (art. 16 bis del Tuir introdotto dall’art. 21 della L. 27 dicembre 1997, n. 449).

Si reputa opportuno ricordare le ipotesi più ricorrenti alle quali si applica il regime in questione (salva l’opzione del contribuente per il regime ordinario).

Fra i redditi di fonte estera si devono quindi ricomprendere:

a) gli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e degli altri titoli di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 601 del 1973 e degli altri titoli con regime fiscale equiparato, emessi all’estero a decorrere dal 10 settembre 1992, nonché gli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni medesime e di quelle emesse da non residenti, che vengono riconosciuti, sia in modo esplicito che implicito, nel corrispettivo di acquisto dei titoli stessi da soggetti non residenti;

b) i proventi derivanti da cessioni a termine di obbligazioni e titoli similari effettuate nei confronti di non residenti;

c) i proventi, compresa la differenza tra il valore di riscatto o di cessione delle quote o azioni ed il valore di sottoscrizione o acquisto, derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero, situati negli Stati membri della UE, conformi alle direttive comunitarie, percepiti da persone fisiche senza applicazione della ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 12,50 per cento;

d) i proventi derivanti dalle operazioni di finanziamento in valori mobiliari di cui all’art. 7 del D.L. 8 gennaio 1996, n. 6, convertito dalla L. 6 marzo 1996, n. 110, corrisposti da soggetti non residenti;

e) i proventi derivanti da depositi di denaro, di valori mobiliari e di altri titoli diversi dalle azioni e titoli similari, costituiti presso soggetti non residenti, a garanzia di finanziamenti concessi a imprese residenti, qualora i proventi stessi non siano stati percepiti per il tramite di intermediari;

f) gli interessi e gli altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti.

 

n Rimborsi per trasferte (art. 62, comma 1-ter, del Tuir)

Ai sensi dell’art. 62, comma 1-ter, del Tuir, le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sono ammesse in deduzione per un ammontare giornaliero non superiore a lire 350.000; il predetto limite è elevato a lire 500.000 per le trasferte all’estero.

Al riguardo è opportuno precisare che il limite di deducibilità si riferisce esclusivamente ai rimborsi a pie’ di lista. Inoltre, qualora l’alloggio venga fornito gratuitamente, ai fini del computo del predetto limite, si deve tener conto dei costi specifici sostenuti dal datore di lavoro per i servizi di alloggio. Tali costi specifici potranno essere portati in deduzione, nel predetto limite massimo giornaliero, soltanto per i giorni di effettiva trasferta effettuata nell’anno. Rimangono pertanto indeducibili i costi specifici dei predetti alloggi destinati a dipendenti in trasferta, relativi ai giorni di mancato utilizzo.

Se il dipendente o il titolare dei predetti rapporti sia stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di sua proprietà ovvero noleggiato al fine di essere utilizzato per una specifica trasferta, è consentito portare in deduzione dal reddito d’impresa un importo non superiore al costo di percorrenza o a quello risultante dall’applicazione delle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 o 20 cavalli fiscali, se con motore diesel. Tale disposizione, che non si applica agli autoveicoli aziendali, esplica effetti anche nelle ipotesi in cui il dipendente o il collaboratore sia stato autorizzato ad utilizzare il proprio autoveicolo o un autoveicolo preso a noleggio per una specifica trasferta ovvero sia stato noleggiato un autoveicolo con il conducente. Ai fini della quantificazione dei predetti costi di percorrenza si deve fare riferimento alla media dei costi delle suddette autovetture appositamente calcolata dall’Automobile Club d’Italia ovvero, nelle ipotesi di noleggio, alla media delle tariffe di noleggio.

 

n Ravvedimento operoso

L’art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, consente al contribuente di regolarizzare, mediante il ravvedimento, le violazioni commesse in sede di predisposizione e di presentazione della dichiarazione, nonché di pagamento delle somme dovute.

Il ravvedimento comporta delle riduzioni automatiche alle misure minime delle sanzioni applicabili, a condizione che le violazioni oggetto della regolarizzazione non siano state già constatate e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento (inviti di comparizione, questionari, richiesta di documenti, etc...) delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza.

La dichiarazione integrativa deve essere presentata ad un ufficio postale, con una normale busta di corrispondenza di dimensioni idonee a contenerla senza piegarla. Sulla busta deve essere indicata la dicitura: "Dichiarazione integrativa per ravvedimento operoso Modello 760 bis/98".

Le fattispecie individuate dal predetto art. 13 sono le seguenti:

1. mancato pagamento, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, delle somme risultanti dovute dalla dichiarazione a titolo di acconto o di saldo. La sanzione del 30 per cento è ridotta al 3,75 per cento se il pagamento viene eseguito entro trenta giorni dalle prescritte scadenze, a condizione che venga contestualmente eseguito anche il pagamento della sanzione ridotta e degli interessi moratori calcolati al tasso legale del 5 per cento annuo con maturazione giorno per giorno.

2. Violazioni relative al contenuto della dichiarazione non incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo (quali, ad esempio, l’omessa o errata indicazione dei dati rilevanti per l’individuazione del contribuente e del suo rappresentante; redazione della dichiarazione non in conformità al modello approvato dal Ministro delle finanze). La sanzione pecuniaria minima (lire 500.000) prevista per tali violazioni è ridotta:

2. • a lire 62.500 se le omissioni o gli errori sono regolarizzati entro tre mesi dalla data di presentazione della dichiarazione;

2. • a lire 83.333 se le omissioni o gli errori sono regolarizzati entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno di imposta successivo.

Le violazioni si intendono regolarizzate se, entro i termini prescritti, viene presentata una dichiarazione integrativa corretta (da redigere su modello conforme a quello approvato con decreto del Ministro delle finanze, utilizzando anche fotocopia o altri mezzi di riproduzione del modello pubblicato in Gazzetta Ufficiale) e viene eseguito il pagamento della sanzione ridotta.

3. Errori ed omissioni nelle dichiarazioni incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo:

2. a) Errori rilevabili in sede di liquidazione delle imposte dovute ai sensi degli artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. n.600 del 1973, quali: errori materiali e di calcolo nella determinazione degli imponibili e delle imposte; indicazione in misura superiore a quella spettante di detrazioni di imposta, di oneri deducibili o detraibili, di ritenute d’acconto e di crediti di imposta.

La sanzione pecuniaria prevista nella misura del 30 per cento della maggiore imposta o della differenza del credito utilizzato è ridotta al 5 per cento a condizione che entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo:

• venga eseguito il pagamento della sanzione ridotta, del tributo dovuto e degli interessi moratori calcolati al tasso legale del 5 per cento annuo con maturazione giorno per giorno;

• venga presentata una dichiarazione integrativa redatta su modello conforme a quello approvato con decreto del Ministro delle finanze, utilizzando anche fotocopia o altri mezzi di riproduzione del modello pubblicato in Gazzetta Ufficiale;

2. b) errori ed omissioni non rilevabili in sede di liquidazione delle imposte dovute ai sensi degli artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, quali: omessa o errata indicazione di redditi; errata determinazione di redditi; esposizione di indebite detrazioni di imposta ovvero di indebite deduzioni dall’imponibile.

La sanzione pecuniaria minima prevista, pari al 100 per cento della maggiore imposta dovuta o della differenza del credito spettante, è ridotta al 16,66 per cento a condizione che entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo:

2. • venga eseguito il pagamento della sanzione ridotta, del tributo dovuto e degli interessi moratori calcolati al tasso legale del 5 per cento annuo con maturazione giorno per giorno;

2. • venga presentata una dichiarazione integrativa redatta su modello conforme a quello approvato con decreto del Ministro delle finanze, utilizzando anche fotocopia o altri mezzi di riproduzione del modello pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Nei casi in cui si intendano regolarizzare contestualmente errori ed omissioni indicati ai precedenti punti a) e b), deve essere presentata un’unica dichiarazione integrativa ed effettuato il pagamento delle somme complessivamente dovute.

4. Mancata presentazione della dichiarazione entro il termine prescritto.

Se la dichiarazione è presentata con ritardo non superiore a trenta giorni, la sanzione minima prevista è ridotta ad un ottavo (15 per cento dell’imposta dovuta, con un minimo di lire 62.500anche nella ipotesi in cui non siano dovute imposte), a condizione che entro lo stesso termine venga eseguito il pagamento della sanzione ridotta, oltre al pagamento, se dovuto, del tributo e degli interessi moratori calcolati al tasso legale del 5 per cento annuo con maturazione giorno per giorno.

 

n Sanzioni

Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di lire cinquecentomila. Se non sono dovute imposte, si applica la sanzione da lire 500.000 a lire 2.000.000.

Quest’ultima sanzione può essere aumentata fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili.

La dichiarazione è nulla se non è redatta su stampati conformi al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale; in tale ipotesi si applicano le sanzioni previste per la omessa presentazione.

La dichiarazione deve essere sottoscritta, a pena di nullità, dal rappresentante legale della società o ente dichiarante o da un rappresentante negoziale; per le società o enti che non hanno in Italia la sede legale o amministrativa né l’oggetto principale dell’attività la dichiarazione può essere sottoscritta da un rappresentante per i rapporti tributari in Italia. La nullità è sanata se si provvede alla sottoscrizione entro trenta giorni dal ricevimento dell’invito da parte dell’ufficio competente. In caso di mancata sottoscrizione per la quale non sia intervenuta detta sanatoria, la dichiarazione viene considerata omessa e si applicano le sanzioni previste per la omessa presentazione.

Se presso la società o l’ente esiste il collegio sindacale o altro organo di controllo la dichiarazione deve essere sottoscritta anche dal presidente del collegio sindacale o dell’organo di controllo (ovvero, se questo non è collegiale, da tutti i componenti). Ove manchi tale sottoscrizione la dichiarazione è ugualmente valida.

I componenti degli organi di controllo che sottoscrivono la dichiarazione senza denunciare la mancanza delle scritture contabili sono puniti con la sanzione amministrativa da lire 4 milioni a lire 20 milioni.

La sanzione prevista per l’omessa presentazione della dichiarazione è applicabile anche quando la dichiarazione è presentata oltre i termini prescritti. Tuttavia, se la dichiarazione è presentata con ritardo non superiore a trenta giorni, la sanzione è ridotta ad un ottavo del minimo (quindici per cento dell’imposta dovuta, con un minimo di lire 62.500), a condizione che venga eseguito contestualmente il pagamento della sanzione ridotta e degli interessi moratori calcolati al tasso legale del 5 per cento annuo con maturazione giorno per giorno.

Se nella dichiarazione è indicato un reddito imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un’imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della maggiore imposta o della differenza del credito. La stessa sanzione si applica se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni d’imposta ovvero indebite deduzioni dall’imponibile.

Se la dichiarazione non è redatta in conformità al modello approvato dal Ministro delle finanze si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 500.000 a lire 4.000.000. La medesima sanzione amministrativa si applica anche se nella dichiarazione sono omessi o non sono indicati in maniera esatta o completa dati rilevanti per l’individuazione del contribuente e del rappresentante legale o negoziale, nonché per la determinazione del tributo, oppure non è indicato in maniera esatta e completa ogni altro elemento di controllo.

Per il mancato o carente versamento delle imposte dichiarate, è applicabile la sanzione amministrativa pari al 30 per cento delle somme non versate o versate oltre le prescritte scadenze.

Se il pagamento del tributo è eseguito entro trenta giorni dalle prescritte scadenze, la sanzione del 30 per cento è ridotta al 3,75 per cento, a condizione che venga eseguito contestualmente il pagamento della sanzione ridotta e degli interessi moratori calcolati al tasso legale del 5 per cento annuo con maturazione giorno per giorno.

Identica sanzione del 30 per cento è applicabile sui maggiori importi risultanti dovuti a seguito della liquidazione operata ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

Se, a richiesta dell’ufficio, non è esibita o trasmessa idonea documentazione degli oneri deducibili, delle detrazioni d’imposta, delle ritenute alla fonte e dei crediti d’imposta spettanti indicati nella dichiarazione e che hanno concorso a determinare l’imposta dovuta o il rimborso, si applica la sanzione amministrativa da lire 500.000 a lire 4.000.000.

La stessa sanzione si applica nei casi di mancanza o incompletezza degli altri atti e documenti dei quali è prescritta la conservazione, l’esibizione all’ufficio ovvero l’allegazione degli stessi qualora sia prevista dal decreto di approvazione del modello di dichiarazione.

L’inesatta indicazione del codice fiscale nella dichiarazione dei redditi è punita, indipendentemente dalle altre sanzioni riguardanti il contenuto della dichiarazione stessa, con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 200.000 a lire 4.000.000.

La stessa sanzione si applica a carico del soggetto che indichi il numero di codice fiscale provvisorio pur avendo già ricevuto quello definitivo ovvero che indichi il numero di codice fiscale rilasciato in data meno recente nel caso gli siano pervenute più comunicazioni.

Si richiama l’attenzione sulle specifiche sanzioni, previste dall’art. 4 della legge 24 aprile 1980, n.146, in materia di dichiarazione dei redditi di fabbricati. In particolare, sono previste le ipotesi di omessa denuncia di accatastamento di fabbricati e conseguente omissione di dichiarazione del relativo reddito, di omessa dichiarazione del reddito delle costruzioni rurali che non hanno più i requisiti per essere considerate tali.

Si ricorda, inoltre, che gli atti pubblici tra vivi e le scritture private autenticate di trasferimento della proprietà di unità immobiliari urbane o di costituzione o trasferimento di diritti reali sulle stesse, con esclusione di quelli relativi a parti comuni condominiali di immobili urbani e di quelli di costituzione di diritti reali di garanzia, devono contenere o avere allegata, a pena di nullità dell’atto stesso, la dichiarazione della parte o del suo rappresentante legale o volontario, resa ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, dalla quale risulti che il reddito fondiario dell’immobile è stato dichiarato nell’ultima dichiarazione dei redditi per la quale il termine di presentazione è scaduto alla data dell’atto, ovvero l’indicazione del motivo per cui lo stesso non è stato, in tutto o in parte, dichiarato. In questo caso, il notaio dovrà trasmettere copia dell’atto o della scrittura privata autenticata, entro sessanta giorni, al competente ufficio delle imposte.

Ferme restando le sanzioni di cui sopra, si richiama l’attenzione sulle sanzioni penali previste dagli articoli 1 e 4 del D.L. 10 luglio 1982, n. 429, convertito dalla legge 7 agosto 1982, n. 516 e successive modificazioni.

In particolare, l’omessa dichiarazione costituisce reato, punito con l’arresto e l’ammenda, quando l’ammontare dei redditi fondiari, dei corrispettivi, ricavi, compensi, o altri proventi non dichiarati è superiore a 100 milioni di lire; qualora, invece, l’ammontare predetto è superiore a 50 milioni di lire ma non a 100 milioni di lire, si applica la pena dell’arresto o dell’ammenda.

Costituisce, altresì, reato l’infedele dichiarazione allorché sono indicati nella dichiarazione redditi fondiari o di capitale o altri redditi, in relazione ai quali non sussisteva l’obbligo dell’annotazione in scritture contabili, per un ammontare complessivo inferiore a quello effettivo di oltre 100 milioni; tale reato è punito con l’arresto e l’ammenda. Il reato sopra indicato è punito, invece, con l’arresto o l’ammenda qualora l’ammontare dei redditi dichiarati è inferiore a quello effettivo di oltre un quarto di questo ultimo e di oltre 50 milioni, ma non di 100 milioni.

Inoltre, si ricorda che l’articolo 1, comma 4, della citata legge n. 516/82, prevede la non punibilità agli effetti penali della omessa annotazione nella scritture contabili obbligatorie ai fini delle imposte sui redditi di corrispettivi da cui derivano componenti positivi, a condizione che le annotazioni siano state effettuate in taluna di tali scritture contabili ovvero che i dati delle operazioni risultino da documenti la cui emissione e conservazione è obbligatoria a norma di legge e che i corrispettivi non annotati risultino compresi nella dichiarazione dei redditi e sia versata l’imposta globalmente dovuta.

Tuttavia, nel caso in cui non siano state effettuate le annotazioni in una delle scritture contabili di cui sopra o i dati relativi alle operazioni non annotate non risultino da documenti la cui emissione e conservazione è obbligatoria a norma di legge, è sufficiente che i corrispettivi risultino compresi nella dichiarazione e sia versata l’imposta globalmente dovuta.

Occorre peraltro che le annotazioni siano state effettuate o i documenti siano stati emessi o i corrispettivi siano compresi nella dichiarazione dei redditi prima che la violazione sia stata constatata e che siano iniziate ispezioni o verifiche.

Si rileva che ai sensi dell’art. 1, quarto comma, lett. c), del D.L. n. 429 del 1982, non si considerano omesse le annotazioni relative ad operazioni che non danno luogo all’applicazione delle relative imposte.

 

n Spese di manutenzione e riparazione

La disposizione contenuta nell’ultimo periodo del comma 7 dell’art. 67 del TUIR, in base alla quale i compensi periodici dovuti contrattualmente a terzi per la manutenzione di determinati beni sono deducibili nell’esercizio di competenza, non ha carattere vincolante, nel senso che l’impresa ha facoltà di optare per la deduzione di detti compensi nei limiti e con le modalità di cui alle disposizioni precedenti dello stesso comma.

Qualora l’impresa intenda avvalersi del criterio di deduzione di cui al citato ultimo periodo del comma 7, lo stesso criterio va mantenuto per tutti i periodi di imposta compresi nella durata del contratto. In tal caso eventuali spese di manutenzione, riparazione ecc., diverse dai predetti compensi periodici vanno incluse tra le altre spese (e sono quindi deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili), senza tener conto del costo di quelli la cui manutenzione è affidata a terzi.

 

n Spese di pubblicità, propaganda e rappresentanza (art. 74, comma 2, del TUIR)

La deduzione delle spese di pubblicità e propaganda può, ai sensi dell’art. 74, comma 2, del TUIR, essere effettuata per l’intero importo nell’esercizio di sostenimento ovvero, in quote costanti, nell’esercizio stesso e nei quattro successivi. Analogamente le spese di rappresentanza sono deducibili nella misura di un terzo del loro ammontare in quote costanti, nell’esercizio di sostenimento e nei quattro successivi.

Tali modifiche normative trovano applicazione per le spese sostenute a decorrere dal periodo di imposta per il quale il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi scade successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 549 del 1995.

 

n Unità immobiliari tenute a disposizione (U.I.D.)

Per unità immobiliari a disposizione, per le quali deve essere operata la maggiorazione di un terzo della rendita catastale, si intendono non solo quelle utilizzate dai soci, associati o partecipanti, ma tutte le unità immobiliari per uso di abitazione od assimilabili che non formino oggetto dell’attività di vendita dell’impresa, non costituiscano beni strumentali e non siano destinate alla locazione (quando tale destinazione risulti dalle scritture contabili).

Ai fini dell’esclusione dall’aumento del terzo, si fa presente che le unità immobiliari appartenenti ad enti non commerciali (opere pie, fondazioni, ospedali, enti di culto, associazioni di categoria, ecc.) si considerano assimilate ai beni strumentali per l’esercizio di imprese commerciali, anche se censite tra quelle per uso di abitazione, quando non siano destinate alla locazione (foresterie, case canoniche, collegi, ricoveri, conventi, ecc.). Ciò in quanto le suddette unità immobiliari si considerano strumentali per lo svolgimento dell’attività istituzionale dell’ente.

 

n Versamenti delle imposte

I versamenti delle imposte risultanti dalla dichiarazione (Irpeg, Ilor, imposta sul patrimonio netto, imposte sostitutive, IRAP, ecc.) devono essere effettuati utilizzando la delega unica di pagamento (mod. F24) prevista dall’art. 19 del D.Lgs. n. 241 del 9 luglio 1997, che sostituisce la modulistica di conto fiscale.

Il versamento può essere effettuato presso gli sportelli di qualsiasi concessionario o banca convenzionata, nonché presso gli uffici postali abilitati, indipendentemente dal domicilio fiscale del contribuente.

È ammessa l’utilizzazione di sistemi di pagamento diversi dal contante. In particolare, il pagamento può avvenire con assegni bancari o circolari, a condizione che gli stessi siano di importo pari al saldo finale della delega di versamento e siano tratti dal contribuente a favore di se stesso ovvero emessi a suo ordine e girati alla banca delegata; presso i concessionari è ammessa l’utilizzazione dei soli assegni circolari mentre presso gli uffici postali abilitati sono utilizzabili assegni bancari su piazza e assegni circolari. Nel caso in cui l’assegno risulti anche solo parzialmente scoperto o comunque non pagabile, il versamento si considera omesso.

Il versamento può essere effettuato anche con carta Pagobancomat presso gli sportelli del Concessionario dotati di terminali elettronici idonei ad eseguire operazioni di pagamento in circolarità interbancaria.

I contribuenti possono, altresì, avvalersi della facoltà di rateizzare i versamenti delle somme dovute in base alla dichiarazione a titolo di saldo e di acconto delle imposte. In ogni caso, il pagamento deve essere completato entro il mese di novembre dello stesso anno di presentazione della dichiarazione. I contribuenti che si avvalgono della rateizzazione sono obbligati a versare in modo frazionato tutti gli importi che risultano dovuti in base alla dichiarazione; non è possibile, ad esempio, scegliere di rateizzare l’Irpeg ma non l’Ilor o viceversa. E’ possibile rateizzare anche la prima rata dell’imposta sostitutiva dovuta in caso di operazioni di riorganizzazione aziendale risultante dal modello 760 BIS/RN.

La prima rata deve essere versata entro i termini di presentazione della dichiarazione; le altre rate devono essere versate entro il giorno 15 di ciascun mese di scadenza (comunque entro il mese di novembre). Nel modello 760 Bis/RB, rigo RB60, colonna 1, deve essere indicato in quante rate di pari importo il contribuente intende frazionare il pagamento.

L’importo da versare ad ogni scadenza è dato dalla somma dell’ammontare delle imposte dovute, diviso per il numero di rate, e degli interessi relativi alla singola rata, pari allo 0,50 per cento mensile.

In particolare, per un dichiarazione con ordinario termine di presentazione e di effettuazione del versamento al 30 maggio, il contribuente deve:

1) determinare l’ammontare dell’importo rateizzabile comprensivo della eventuale maggiorazione dello 0,50%;

2) dividere l’importo così ottenuto per il numero di rate prescelto.

Se il versamento della prima rata viene effettuato entro il 14 giugno, senza la maggiorazione dello 0,50%, le successive rate andranno versate alle seguenti scadenze, con gli interessi di seguito indicati:

– 15/7 0,50%

– 15/8 1,00%

– 15/9 1,50%

– 15/10 2,00%

– 15/11 2,50%

Se, invece, il versamento della prima rata viene effettuato dal 15 al 30 giugno con la maggiorazione dello 0,50%, le successive rate, comprensive di tale maggiorazione, andranno versate alle seguenti scadenze, con gli interessi di seguito indicati:

– 15/7 0,25%

– 15/8 0,75%

– 15/9 1,25%

– 15/10 1,75%

– 15/11 2,25%

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