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Appendice

n Ammortamento anticipato [art. 67, comma 3, del Tuir]

L’ammortamento anticipato previsto dall’art. 67, comma 3, del TUIR, ove non imputato in bilancio a riduzione del valore dei cespiti può essere dedotto, previo accantonamento in un’apposita riserva in bilancio per la cui costituzione non si rende necessaria l’effettiva imputazione dell’importo corrispondente a conto economico ed è utilizzabile anche una riserva disponibile già esistente.

n Ammortamento dei beni concessi in locazione finanziaria [art. 67, comma 8, del Tuir]

Le quote di ammortamento dei beni concessi in locazione finanziaria sono determinate, ai sensi dell’art. 67, comma 8, del Tuir, nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario. Tale disposizione si applica per i beni consegnati a decorrere dal periodo di imposta per il quale il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi scade successivamente al 1995. Per i beni consegnati in periodi di imposta precedenti a quello predetto, sono fatti salvi, tuttavia, gli effetti derivanti dall’eventuale applicazione del menzionato criterio che prevede la deduzione di quote di ammortamento finanziario.

Inoltre, deve ritenersi che per i beni consegnati in esercizi precedenti a quello di prima applicazione, l’impresa possa, con riguardo a tutti i beni concessi in locazione, computare le quote di ammortamento secondo il piano di ammortamento finanziario. In tal caso il maggior importo complessivamente dedotto negli esercizi precedenti rispetto a quello deducibile secondo il piano di ammortamento finanziario dovrà concorrere a formare il reddito nel periodo di imposta di prima applicazione della norma in esame.

Si ricorda che, ai fini del computo della base su cui si applicano le percentuali previste dall’art. 71 del TUIR, come modificato dall’art. 3, comma 103, lett. d), della stessa legge n. 549 del 1995, è consentito considerare anche i crediti impliciti sui contratti per i quali l’ammortamento è effettuato con il criterio finanziario.

n Ammortamento finanziario dei beni gratuitamente devolvibili

L’art. 1, comma 1, lett. c), del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669 ha apportato modificazioni all’art. 69 del TUIR, che disciplina l’ammortamento finanziario dei beni gratuitamente devolvibili, e al comma 2 dell’art. 73 dello stesso TUIR, relativo allo speciale regime di accantonamento previsto per le imprese concessionarie della costruzione e dell’esercizio di opere pubbliche.

Con riguardo all’art. 69 si rileva che in base alla nuova formulazione del comma 1 di detta norma, l’ammortamento finanziario dei beni gratuitamente devolvibili è ora consentito soltanto in alternativa (e non più in aggiunta) all’ammortamento tecnico di cui agli artt. 67 e 68 del TUIR.

Si fa presente che l’alternativa tra ammortamento finanziario e ammortamento tecnico può operare anche per singolo bene o per categoria omogenea di beni, al fine di tener conto della difformità tra il normale periodo di deperimento e consumo dei beni (come stimato dai coefficienti tabellari) e durata (maggiore o minore) della concessione.

Qualora nel corso dell’ammortamento finanziario il bene venga sostituito, si procederà ad ammortizzare il costo del nuovo bene computando le quote costanti di ammortamento finanziario sulla base del numero dei residui anni di durata della concessione e il costo non ammortizzato del bene sostitutivo potrà essere dedotto nell’esercizio di sostituzione.

Considerando che la modifica in esame opera a decorrere dall’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 1996, anche in relazione ai beni il cui processo di ammortamento sia iniziato in periodi di imposta precedenti, il comma 2 del citato art. 1 contiene disposizioni di carattere transitorio volte a disciplinare le situazioni in cui le imprese abbiano dedotto negli esercizi precedenti quote di ammortamento finanziario in aggiunta a quelle di ammortamento tecnico.

In tal caso, relativamente a ogni singolo bene o categoria omogenea di beni, occorrerà confrontare il costo e l’ammontare delle quote complessivamente dedotte (che si considera già ammortizzato): l’eccedenza, se positiva, costituisce il costo non ammortizzato, che potrà essere dedotto ai sensi dell’art. 69 ovvero a scelta ai sensi degli artt. 67 o 68 (computando le quote di ammortamento con riferimento al costo dei beni al lordo delle quote di ammortamento già dedotte); se, invece, l’eccedenza è negativa la stessa concorrerà a formare il reddito nel periodo di imposta in corso alla data del 31 dicembre 1996 indipendentemente dalla modalità di contabilizzazione adottata.

Si abbia, ad esempio, il caso di un bene, gratuitamente devolvibile al termine di una concessione iniziata nel 1992 e di durata ventennale.

Detto bene, di costo 1.000, è stato ammortizzato fino al 1995, ai sensi dell’art. 67 del Tuir per 400 e, ai sensi del successivo art. 69, per 200.

Qualora il contribuente scelga l’ammortamento tecnico, il cui coefficiente sia, ad esempio, del 10 per cento, la quota massima deducibile nei periodi 1996, 1997, 1998 e 1999 sarà di 100. Qualora, invece, venga scelto l’ammortamento finanziario, il contribuente potrà dedurre in ciascun periodo, dal 1996 al 2003, una quota pari a 50 (in tal caso l’ammortamento finanziario sarà esaurito prima della scadenza della concessione) ovvero potrà rideterminare la quota costante in funzione dei residui anni della concessione.

Si fa presente che il computo dell’eccedenza potrà essere effettuato anche con riferimento all’intera concessione (considerando cioè il complesso dei beni). In tal caso l’eccedenza positiva, che rappresenta l’ammontare complessivo ancora da ammortizzare, potrà essere attribuita a ciascun bene o categoria di beni in proporzione all’importo da ammortizzare di ciascuno di essi.

Si fa presente che con l’ulteriore modifica recata al comma 2 dello stesso art. 69 è stato stabilito che, ai fini dell’individuazione della quota costante di ammortamento finanziario, il numero di anni di durata della concessione per cui suddividere il costo dei beni deve essere determinato conteggiando come tali anche le frazioni di anno. Detta modifica, che decorre dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 1996, esplica effetti con riferimento alle concessioni che abbiano inizio in tale periodo.

Per quanto attiene alle modifiche apportate allo speciale regime di accantonamento previsto dal comma 2 dell’art. 73 del TUIR nei confronti delle imprese titolari di concessioni per la costruzione e l’esercizio di opere pubbliche, si rileva che la deduzione dell’accantonamento ad apposito fondo a fronte delle spese di ripristino o di sostituzione di ciascun bene gratuitamente devolvibile è ridotta dal 10 al 5 per cento del costo e non è più ammessa quando il fondo ha raggiunto l’ammontare complessivo delle spese relative al bene medesimo sostenute negli ultimi due esercizi (1996 e 1997).

n Attività agricole

Ai fini della determinazione del reddito agrario sono considerate attività agricole:

a) le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura;

b) l’allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quelle del terreno su cui la produzione stessa insiste;

c) le attività dirette alla manipolazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici, ancorché non svolte sul terreno, che rientrino nell’esercizio normale dell’agricoltura secondo la tecnica che lo governa e che abbiano per oggetto prodotti ottenuti per almeno la metà dal terreno e dagli animali allevati su di esso.

Se le attività menzionate alle lettere b) e c) eccedono i limiti stabiliti, la parte di reddito imputabile all’attività eccedente è considerata reddito d’impresa da determinarsi in base alle norme contenute nel capo VI del titolo I del Tuir.

Con riferimento alle attività dirette alla produzione di vegetali (ad esempio, piante, fiori, ortaggi, funghi, ecc.), si fa presente che per verificare la condizione posta alla lettera b) ai fini del calcolo della superficie adibita alla produzione, occorre fare riferimento alla superficie sulla quale insiste la produzione stessa (ripiani o bancali) e non già a quella coperta dalla struttura. Pertanto, qualora il suolo non venga utilizzato per la coltivazione, rientrano nel ciclo agrario soltanto le produzioni svolte su non più di due ripiani o bancali.

n Calcolo delle plusvalenze

Ai fini del calcolo delle plusvalenze dei terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria e delle indennità di esproprio e simili, il costo di acquisto deve essere, prima, aumentato di tutti gli altri costi inerenti, poi rivalutato sulla base della variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. Al costo così determinato e rivalutato va poi sommata l’eventuale INVIM pagata. Qualora si tratti di terreni acquistati per effetto di donazione, si assume come prezzo di acquisto il valore dichiarato nelle relative denunce ed atti registrati, ed in seguito definito e liquidato, aumentato di ogni altro costo inerente, nonché dell’INVIM e dell’imposta di successione pagate, senza operare alcuna rivalutazione sulla base della variazione dell’indice dei prezzi al consumo.

n Canone di locazione - Determinazione della quota proporzionale

Per ottenere la quota proporzionale del canone di locazione applicare la formula:

quota proporzionale = canone totale x singola rendita del canone totale delle rendite

Esempio:

Rendita catastale abitazione rivalutata del 5 per cento:900.000

Rendita catastale della pertinenza rivalutata del 5 per cento:100.000

Canone di locazione totale:20.000.000

Quota del canone relativo all’abitazione

20.000.000 x 900.000 = 18.000.000

(900.000 + 100.000)

Quota del canone relativo alla pertinenza

20.000.000 x 100.000 = 2.000.000

(900.000 + 100.000)

n Contributi o liberalità [art. 55, comma 3, lett. b), del Tuir]

Ai sensi dell’art. 55, comma 3, lett. b), del TUIR, come modificato dall’art. 9, comma 1, lett. a) del D.L. 20 giugno 1996, n. 323, convertito dalla legge 8 agosto 1996, n. 425, cioè nel testo previgente alla riformulazione disposta dall’art. 21, comma 4, lett. b) della legge 23 dicembre 1997, n. 449, i proventi conseguiti a titolo di contributo o di liberalità, anche in natura, concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono incassati o in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto; tuttavia il loro ammontare, nel limite del 50 per cento e se accantonato in apposita riserva, concorre a formare il reddito nell’esercizio e nella misura in cui la riserva sia utilizzata per scopi diversi dalla copertura di perdite di esercizio o i beni ricevuti siano assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.

La riserva nella quale sono stati accantonati i proventi incassati a titolo di contributo o di liberalità può essere utilizzata per la copertura delle perdite di esercizi anche diversi da quello nel corso del quale i proventi stessi sono stati percepiti.

Relativamente alla parte del contributo o della liberalità non accantonata, si ricorda che la disposizione che prevede la riduzione da dieci a cinque dei periodi di imposta entro cui può essere attivata la tassazione per quote costanti, ha effetto per i contributi incassati a partire dal periodo di imposta in corso al 20 giugno 1996.

Si precisa che in presenza di un contributo unitario ma erogato in più esercizi le regole predette si applicano autonomamente con riguardo alla parte del contributo incassato in ogni periodo d’imposta.

Nel caso in cui il diritto al conseguimento di un contributo già incassato, in tutto o in parte, sia sottoposto a condizione sospensiva, il contributo stesso rileva fiscalmente soltanto al verificarsi della condizione, costituendo per la parte già incassata, fino al momento di perfezionamento del diritto, un mero debito.

Qualora il contributo sia erogato mediante il riconoscimento di uno specifico credito d’imposta (come ad esempio nei casi previsti dalla legge 5 ottobre 1991, n. 317) lo stesso si considera incassato nel momento e nella misura in cui il credito è utilizzato per il pagamento delle imposte.

Con l’introduzione del criterio di cassa disposto dalla legge 8 agosto 1994, n. 503, di conversione del DL 29 giugno 1994, n. 416, i proventi di cui trattasi non assumono alcuna rilevanza fiscale nell’esercizio del loro conseguimento. Pertanto la costituzione dell’apposita riserva, necessaria per beneficiare della sospensione deve avvenire entro - e non oltre - l’esercizio d’incasso dei proventi (sempreché il relativo diritto non sia sottoposto a condizione sospensiva). Tuttavia, qualora il provento sia imputato per competenza in un esercizio anteriore a quello d’insorgenza del presupposto impositivo (incasso), la riserva può essere validamente costituita, anche nel bilancio relativo al suddetto esercizio di competenza.

Si precisa, inoltre che l’accantonamento in questione può essere operato sia a carico dell’utile dell’esercizio d’incasso ovvero dell’esercizio d’imputazione contabile dei proventi e sia vincolando un’altra riserva disponibile già esistente.

Si ricorda, altresì, che i contributi spettanti a norma di legge esclusivamente in conto esercizio anche se erogati da soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici, sono considerati ricavi; ciò per effetto delle modifiche recate dall’art. 3, comma 103, lett. a), della legge n. 549 del 1995, all’art. 53, comma 1, lett. f), del TUIR. Tale modifica normativa non riguarda quindi i contributi della specie erogati nel periodo d’imposta 1994 e precedenti per i quali rimane applicabile la disciplina recata dall’art. 55, comma 3, lett. b), del TUIR.

n Contributo del 15 per cento dovuto dai datori di lavoro

Il comma 194 dell’art. 1 della legge n. 662 del 1996 ha previsto che i datori di lavoro che non abbiano versato i contributi di previdenza e assistenza sociale sulle contribuzioni e somme di cui all’art. 9-bis, comma 1, del D.l. 29 marzo 1991, n. 103, convertito dalla legge 1° giugno 1991, n. 166, come sostituto del comma 193 dell’art. 1 della stessa legge n. 662 del 1996, sono tenuti al pagamento di un importo pari al 15 per cento dei predetti contributi e somme.

Il pagamento dell’importo in questione deve essere effettuato in 18 rate bimestrali consecutive di eguale importo, a partire dal 20 febbraio 1997.

Il predetto importo, ove imputato al conto economico è deducibile ai fini della determinazione del reddito d’impresa ai sensi dell’art. 62 del Tuir (spese per prestazioni di lavoro). Si ricorda, tuttavia, che per espressa previsione del quarto periodo dello stesso comma 194 dell’art. 1 della legge n. 662, è possibile imputare il predetto importo, in parti uguali, al conto economico degli esercizi nei quali abbiano scadenza le rate di pagamento. Pertanto, la deducibilità dell’importo in questione può essere operata anche nel periodo d’imposta in cui abbia inizio la procedura di rateizzazione e nei successivi periodi in cui la stessa procedura abbia corso.

n Costruzioni rurali

Non danno luogo a reddito di fabbricati e non vanno pertanto dichiarate in quanto il relativo reddito è già compreso in quello catastale del terreno, le costruzioni rurali (ed eventuali pertinenze) appartenenti al possessore o all’affittuario dei terreni cui servono, se effettivamente adibite ad abitazione o a funzioni strumentali all’attività agricola dal proprietario, dall’affittuario o dai dipendenti che esercitano attività agricole nell’azienda a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a cento.

Ai fini del riconoscimento della ruralità devono inoltre sussistere le seguenti condizioni:

1) il terreno cui il fabbricato si riferisce deve essere situato nello stesso comune o in comuni confinanti e deve avere una superficie non inferiore a 10.000 metri quadrati. Se sul terreno sono praticate colture specializzate in serra o la funghicoltura la superficie del terreno deve essere almeno di 3.000 metri quadrati;

2) il volume di affari derivante da attività agricole del soggetto che conduce il fondo e risultante dalla dichiarazione annuale Iva del 1997 (presentata nel 1998) deve essere superiore alla metà del reddito complessivo.

In caso di unità immobiliari utilizzate congiuntamente da più soggetti, i predetti requisiti devono essere posseduti da almeno uno di tali soggetti. Se sul terreno insistono più unità immobiliari ad uso abitativo, i requisiti di ruralità devono essere soddisfatti distintamente per ciascuna unità immobiliare.

Nel caso che più unità abitative siano utilizzate da più persone dello stesso nucleo familiare in aggiunta ai precedenti requisiti è necessario che per ciascuna unità sia rispettato anche il limite massimo di cinque vani catastali o di 80 metri quadrati per un abitante e di un vano catastale, o di 20 metri quadrati per ogni abitante oltre il primo.

Le costruzioni non utilizzate che hanno i requisiti in precedenza elencati per essere considerate rurali non si considerano produttive di reddito di fabbricati. La mancata utilizzazione deve essere comprovata, con apposita autocertificazione con firma autenticata, da fornire a richiesta degli organi competenti. L’autocertificazione deve attestare l’assenza di allacciamento alle reti dell’energia elettrica, dell’acqua e del gas.

n Crediti d’imposta

1) Credito d’imposta sui dividendi

Per effetto dell’art. 14 del TUIR, nel testo vigente prima delle modifiche apportate dal D.Lgs n. 467 del 1997, il credito di imposta sugli utili distribuiti ai soci dalle società di cui alla lettera a) dell’art. 87, spetta nella misura dei 9/16 di detti utili. Detto credito spetta sugli utili distribuiti dagli enti di cui alla lett. b) del comma 1 dell’art. 87, ai propri partecipanti, se la relativa delibera di distribuzione è stata adottata dopo la data di chiusura dell’esercizio in corso al 1° gennaio 1988.

Il credito d’imposta sui dividendi spetta nella misura del 25 per cento degli utili percepiti se derivano dalla distribuzione di riserve o fondi che sono stati affrancati ai sensi dell’art. 8, comma 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 408.

Il credito di imposta spetta altresì nella misura del 25 per cento degli utili percepiti che derivano da riserve o fondi affrancati ai sensi dell’art. 22, commi 1 e 2, del DL n. 41 del 1995 se la loro distribuzione sia deliberata entro il secondo esercizio successivo a quello in corso alla data del 24 febbraio 1995 o da riserve o fondi affrancati ai sensi del comma 4 del predetto art. 22 se la loro distribuzione sia deliberata entro il terzo esercizio successivo a quello in corso alla data del 24 febbraio 1995.

Per effetto dei commi 6-bis e 7-bis dell’art. 14, il credito di imposta sui dividendi non spetta:

– limitatamente agli utili la cui distribuzione è stata

deliberata anteriormente alla data di acquisto, ai soggetti che acquistano dai fondi comuni di investimento di cui alla legge 23 marzo 1983, n.77, e successive modificazioni, o dalle società di investimento a capitale variabile (SICAV), di cui al decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 84, azioni o quote di partecipazione nelle società o enti indicati alle lettere a) e b) dell’art. 87 del TUIR;

– per gli utili percepiti dall’usufruttuario allorché la costituzione o la cessione del diritto di usufrutto siano state poste in essere da soggetti non residenti, privi nel territorio dello Stato di una stabile organizzazione.

In base all’art. 122, comma 4, del TUIR, il credito di imposta di cui all’art. 14 dello stesso TUIR spetta ai soci di società di persone risultanti dalla trasformazione di società soggetta all’IRPEG, avvenuta dopo il 31 dicembre 1987 in relazione alle riserve (escluse quelle di cui al comma 1 dell’art. 44 del TUIR) costituite prima della trasformazione, le quali sono imputate ai soci stessi a norma dell’art. 5 del TUIR:

– nel periodo d’imposta in cui vengono distribuite o utilizzate per scopi diversi dalla copertura di perdite d’esercizio, se dopo la trasformazione sono state iscritte in bilancio con indicazione della loro origine;

– nel periodo d’imposta successivo alla trasformazione, se non sono state iscritte in bilancio o vi sono state iscritte senza la detta indicazione.

Ai soci compete in entrambe le ipotesi il credito di imposta di cui all’articolo 14 del TUIR a condizione che la dichiarazione dei redditi della società rechi le indicazioni prescritte nel comma 7 dell’articolo 105 dello stesso TUIR (che vanno fornite nell’apposito prospetto contenuto nella quarta pagina del modello base).

Il credito di imposta non spetta per le riserve:

– formate con utili o proventi non assoggettati all’IRPEG a decorrere dall’esercizio in corso alla data del 1° dicembre 1983;

– che in caso di distribuzione concorrono a formare il reddito imponibile della società.

Il credito d’imposta è, invece, ridotto al 36 per cento per le riserve o fondi già esistenti alla fine dell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla data del 1° dicembre 1983 o formati con utili o proventi dell’esercizio stesso.

2) Credito d’imposta sui proventi derivanti dalla partecipazione a fondi comuni di investimento mobiliare chiusi

Ai sensi dell’art. 11, comma 4, della legge 14 agosto 1993, n. 344, sui proventi di ogni tipo, spettanti a soggetti che esercitano imprese commerciali, derivanti dalle partecipazioni ai fondi comuni d’investimento mobiliare chiusi, comprese le plusvalenze realizzate in sede di cessione o di riscatto delle quote, purché la partecipazione al fondo sia di durata non inferiore ad un triennio, è riconosciuto un credito d’imposta pari al 25 per cento dei proventi stessi.

3) Credito d’imposta sui proventi derivanti dalla partecipazione a fondi comuni di investimento immobiliare chiusi

Ai sensi dell’art. 15, comma 5, della legge 25 gennaio 1994, n. 86, come modificato dal DL 26 settembre 1995, n. 406, convertito dalla legge 29 novembre 1995, n. 503, sui proventi di ogni tipo spettanti a soggetti che esercitano imprese commerciali, derivanti dalla partecipazione ai fondi di investimento immobiliare chiusi, spetta il credito di imposta di cui all’art. 14, comma 2, del Tuir nella misura del 20 per cento dei proventi imputabili al periodo di possesso delle quote di partecipazione effettivamente assoggettati ad imposizione nei confronti del fondo.

4) Credito d’imposta sui registratori di cassa (art. 3 della legge 26 gennaio 1983, n. 18)

Ai soci delle società di persone obbligate all’utilizzazione degli apparecchi misuratori fiscali ai sensi dell’art. 12 della legge n. 413 del 1991, compete, ai fini dell’imposta personale, un credito di imposta nella misura del 40 per cento del prezzo unitario degli apparecchi medesimi che non ecceda lire 2.000.000.

Si ricorda che l’art. 14, comma 15, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, limita il riconoscimento del credito d’imposta (fino al 31 dicembre 1997) ai soli soggetti per i quali, in base all’art. 12 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, l’obbligo di installare gli apparecchi misuratori è sorto a partire dal 1° gennaio 1993, anche in conseguenza dell’opzione per il rilascio dello scontrino fiscale in luogo della ricevuta fiscale. Il credito d’imposta non spetta, invece, per i soggetti già obbligati al rilascio dello scontrino fiscale per effetto della legge n. 18 del 1983 che hanno acquistato apparecchi misuratori nel corso del 1996; i detti soggetti non possono altresì avvalersi, per tali apparecchi, delle disposizioni di cui all’art. 3, ultimo comma, della stessa legge n. 18, concernenti la disciplina degli ammortamenti. Tali disposizioni restano invece applicabili con riferimento agli apparecchi acquistati in anni precedenti.

5) Credito d’imposta per distribuzione della riserva da regolarizzazione delle scritture contabili.

Il credito di imposta spetta ai soci in misura pari all’imposta sostitutiva relativa alle somme ad essi attribuite qualora quest’ultime derivino dalla riserva da regolarizzazione di cui all’art 2, comma 142, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

6) Credito d’imposta per l’invio del questionario relativo agli studi di settore

Ai contribuenti che, in proprio o tramite terzi, trasmettono su supporto magnetico i dati richiesti con i questionari finalizzati all’elaborazione degli studi di settore, è riconosciuto un credito d’imposta di lire diecimila, da utilizzare in occasione della presentazione della prima dichiarazione dei redditi successiva alla presentazione del questionario summenzionato. Detto credito d’imposta non costituisce componente positivo di reddito, né rileva ai fini della determinazione del rapporto di cui all’art. 63 del Tuir.

n Deducibilità degli interessi passivi (reddito d’impresa)

Se nell’esercizio sono stati conseguiti interessi o altri proventi esenti da imposta derivanti da obbligazioni pubbliche o private sottoscritte, acquistate o ricevute in usufrutto o pegno a decorrere dal 28 novembre 1984 o da cedole acquistate separatamente dai titoli a decorrere dalla stessa data, ovvero proventi, comprese le plusvalenze realizzate in sede di cessione o di riscatto di quote, derivanti dalla partecipazione a fondi comuni di investimento mobiliare di tipo chiuso, gli interessi passivi non sono ammessi in deduzione - ai sensi dell’art. 63, comma 3 del TUIR - fino a concorrenza dell’ammontare complessivo degli interessi e proventi esenti o dei proventi derivanti dalla partecipazione a fondi comuni di investimento mobiliare di tipo chiuso.

Gli interessi passivi che eccedono tale ammontare sono deducibili a norma dei commi 1 e 2 dello stesso art. 63 del TUIR, ma senza tenere conto, ai fini del rapporto ivi previsto, dell’ammontare degli interessi e proventi esenti o derivanti dalla partecipazione a fondi comuni di investimento mobiliare di tipo chiuso di cui al precedente periodo, corrispondente a quello degli interessi passivi non ammessi in deduzione.

Nel caso in cui la società sia socia di società di persone, occorre tener conto, ai fini della determinazione degli interessi passivi non ammessi in deduzione, anche dei menzionati interessi ed altri proventi esenti conseguiti dalle società partecipate, se e nella misura in cui detti interessi e proventi non siano stati già portati a riduzione degli interessi passivi dalla stessa società partecipata.

n Deduzioni Ilor

Le deduzioni previste dall’art. 120, commi 1 e 2, del TUIR competono alla società a condizione che il socio presti la propria opera nella società stessa come occupazione prevalente. Ciò comporta che ad uno stesso soggetto non può essere riconosciuta detta condizione in più di una società, essendo il termine prevalente riferito all’occupazione potenziale del socio e non all’attività della società, per cui non è possibile, in concreto, più di un’occupazione prevalente con riferimento alla medesima persona.

Le suddette deduzioni devono essere determinate con riferimento alla quota di reddito spettante a ciascuno dei soci che presta la propria opera nella società in modo prevalente.

Si ricorda che qualora i soci di società di persone percepiscano un compenso specifico per la loro attività di amministratori e quest’ultima costituisca la loro attività prevalente, la società non può fruire, in relazione ai detti soci, delle deduzioni ai fini dell’ILOR.

A maggiore chiarimento si formulano i seguenti esempi.

1° esempio: società esercente attività di commercio al minuto, composta da quattro soci con quote uguali, di cui 2 soci prestano la loro opera nella società in modo prevalente.

Reddito d’impresa L.. 60.000.000

Calcolo deduzione ex art. 120, comma 1, del TUIR.

(La deduzione è pari al 50 % della quota di reddito spettante a ciascun socio con un minimo di L. 8.000.000)

1) quota di reddito individuale:

L. 60.000.000 : 4 = L. 15.000.000

2) deduzione spettante per ciascun socio: 50% di L. 15.000.000 = L. 7.500.000. Essendo l’importo di L. 7.500.000 minore di L. 8.000.000 si assume quale deduzione spettante per ogni singolo socio l’importo di L. 8.000.000

3) deduzione spettante alla società: L. 16.000.000

Calcolo deduzione ex art. 120, comma 2, del TUIR.

(30% della quota di reddito di ciascun socio lavoratore al netto della deduzione di cui all’art. 120, comma 2, del TUIR con un minimo di L. 2.000.000)

quota reddito socio:

L. 15.000.000 - 8.000.000 = L. 7.000.000

deduzione spettante per ciascun socio lavoratore:

30% di L. 7.000.000 = L. 2.100.000

deduzione spettante alla società:

L. 2.100.000 x 2 = L. 4.200.000

Riepilogo:

Reddito d’impresa L. 60.000.000

Deduzioni ex art. 120, commi 1 e 2, L. 20.200.000

REDDITO IMPONIBILE ILOR L. 39.800.000

2° esempio: società esercente attività diversa da quella di cui all’art. 120, comma 2, del TUIR, composta da quattro soci con quote uguali, di cui due prestano la propria opera nella società in modo prevalente.

Reddito d’impresa L. 16.000.000

quota di reddito individuale:

L. 16.000.000 : 4 = L. 4.000.000

deduzione spettante per ciascun socio lavoratore (50% della propria quota di reddito con un minimo di L. 8.000.000 ed un massimo di L. 16.000.000).

Siccome la quota di reddito per il socio lavoratore è inferiore alla deduzione minima prevista, ai sensi dell’art. 120, comma 1, del TUIR, si assume, quale deduzione, l’importo di L. 4.000.000.

totale deduzione spettante ex art. 120, comma 1, del TUIR: (L. 4.000.000 x 2) = L. 8.000.000

Riepilogo:

Reddito d’impresa L. 16.000.000

Deduzioni ex art. 120, comma 1 L.  8.000.000

REDDITO IMPONIBILE ILOR L.  8.000.000

n Detassazione del reddito d’impresa reinvestito (art. 3 del DL 10 giugno 1994, n. 357, convertito dalla L. 8 agosto 1994, n. 489; art. 3, comma 85, legge 28 dicembre 1995, n. 549)

Recupero dell’agevolazione in caso di cessione dei beni oggetto di investimento

L’art. 3 comma 89, della L. n. 549 del 1995, ha introdotto una disciplina di carattere antielusivo per effetto della quale si procede al recupero dell’agevolazione nel caso in cui i beni oggetto di investimento siano ceduti entro il secondo periodo di imposta successivo a quello di realizzazione degli investimenti stessi.

In particolare, la norma prevede che il reddito escluso dall’imposizione si ridetermina diminuendo il volume degli investimenti del periodo di imposta agevolato di un ammontare pari alla differenza tra i corrispettivi derivanti dalle cessioni dei beni oggetto di agevolazione (con esclusione di quelle effettuate nel corso di procedure concorsuali), da assumere indipendentemente dall’ammontare dei costi che hanno concorso alla formazione del predetto volume di investimento e i costi sostenuti nello stesso periodo di imposta in cui si procede alle cessioni, per la realizzazione di investimenti delle stesse tipologie previste dall’art. 3 del D.L. n. 357 del 1994 e dal comma 87 dell’art. 3 della L. n. 549 del 1995 (con esclusione, in ogni caso, degli investimenti in immobili strumentali per natura non utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa da parte del possessore).

A tal fine assumono rilievo tutte le operazioni di cessione da cui derivano componenti di reddito fiscalmente rilevanti. Nel volume dei disinvestimenti rilevanti, agli stessi effetti, va ricompreso anche il valore normale dei beni destinati o assegnati ai soci anche in sede di liquidazione ordinaria o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa. Pertanto, assumono rilevanza ai fini in questione gli atti di conferimento in società e le operazioni di cessione dell’azienda o di rami aziendali. Sono invece da escludere le operazioni considerate fiscalmente, quali ad esempio, le fusioni e le scissioni.

La differenza tra il reddito a suo tempo agevolato e quello così rideterminato costituisce una sopravvenienza attiva del periodo di imposta in cui si verificano le cessioni, che dovrà essere indicata nella dichiarazione dei redditi.

Come già ricordato il beneficio della detassazione è escluso per gli immobili strumentali per natura non utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa da parte del soggetto che ha effettuato l’investimento. Pertanto, nel caso in cui l’immobile strumentale sia per natura che per destinazione perda quest’ultima caratteristica entro i due periodi di imposta successivi, il cambio di destinazione è da considerarsi equivalente a una operazione di cessione con le conseguenze da essa derivanti, assumendo ai fini della determinazione dell’eventuale sopravvenienza attiva, il valore normale da determinare con riferimento al momento del cambio di destinazione.

Si precisa, inoltre, che in caso di cambiamento della destinazione territoriale degli investimenti agevolati ai sensi del citato comma 85, legge n. 549 del 1995, tale operazione deve considerarsi ugualmente equiparata ad un atto di cessione; in tal caso occorre assumere il valore normale del bene da determinare in riferimento al momento del trasferimento dello stesso.

Si ricorda che l’investimento consistente nell’acquisto dei veicoli cui si applica il regime di deducibilità limitata di cui all’art. 67, comma 10, del Tuir, concorre a formare il volume degli investimenti agevolabili per un ammontare pari al 50 per cento del costo sostenuto. Corrispondentemente, nel caso di cessione dei beni in esame occorrerà tener conto, ai fini della decurtazione degli investimenti, del 50 per cento del corrispettivo realizzato.

n Disciplina delle società non operative

1. Generalità

La disciplina delle società non operative, di cui all’art. 30, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, è stato modificata dall’art. 3, comma 37, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

Le modifiche introdotte incidono, fra l’altro sull’ambito soggettivo della disciplina stessa (la cui applicazione viene estesa anche alle società in nome collettivo e alle società in accomandita semplice), sui criteri di individuazione delle società non operative e, inoltre, sulle modalità di determinazione del reddito imponibile minimo. Tali modifiche si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 15 settembre 1996.

Sono definite società non operative le società e gli enti che, ove ricorrano i presupposti di carattere oggettivo, rivestano una delle seguenti forme giuridiche: società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società in nome collettivo, società in accomandita semplice e società ad esse equiparate ai sensi dell’art. 5 del Tuir (società di armamento e società di fatto), società ed enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato. A tali soggetti si applica la suddetta disciplina indipendentemente dal regime contabile adottato.

Sono esclusi dalla disciplina delle società non operative:

1) i soggetti ai quali per la particolare attività svolta, è fatto obbligo di costituirsi sotto forma di società di capitali, come, ad esempio:

• le società finanziarie di cui all’art. 106 del D.Lgs n. 385 del 1993;

• i Centri autorizzati di assistenza alle imprese e ai lavoratori dipendenti e pensionati cui all’art. 78 della legge n. 413 del 1991;

• le società sportive che, dovendo stipulare contratti con atleti professionisti, sono costituite nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata ai sensi dell’art. 10 della legge 23 marzo 1981, n. 91;

• le società per azioni costituite da enti locali territoriali di cui all’art. 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e dell’art. 12, comma 1, della legge 23 dicembre 1992, n. 498;

2) i soggetti che non si trovano in un periodo di normale svolgimento dell’attività.

Si precisa che va considerato periodo di normale svolgimento dell’attività quello in cui è stata svolta l’attività produttiva prevista dall’oggetto sociale. Pertanto, non si considera periodo di normale svolgimento dell’attività:

• quello da cui decorre la messa in liquidazione ordinaria, ovvero l’inizio della procedura di liquidazione coatta amministrativa o fallimentare. In proposito si precisa che il periodo che precede quello in cui ha avuto inizio la liquidazione è considerato "normale" anche se di durata inferiore a quella prevista ordinariamente. Va, altresì, considerato periodo di normale svolgimento dell’attività quello relativo ad un esercizio di durata inferiore a quella stabilita nell’atto costitutivo a causa di modifiche che interrompono la durata dell’esercizio medesimo senza incidere sul tipo di attività svolta, come avviene, ad esempio, nei casi di trasformazione, fusione e scissione;

• quelli successivi al primo periodo d’imposta qualora la società, in tali periodi, non abbia ancora iniziato l’attività produttiva prevista dall’oggetto sociale ad esempio perché: la costruzione dell’impianto da utilizzare per lo svolgimento dell’attività si è protratta oltre il primo periodo di imposta – per cause non dipendenti dalla volontà dell’imprenditore –; non sono state concesse le autorizzazioni amministrative necessarie per lo svolgimento dell’attività, a condizione che le stesse siano state tempestivamente richieste; viene svolta esclusivamente una attività di ricerca propedeutica allo svolgimento di altra attività produttiva di beni e servizi, sempreché l’attività di ricerca non consenta di per sé la produzione di beni e servizi e quindi la realizzazione di proventi.

Si fa presente, inoltre, che va considerato periodo di normale svolgimento dell’attività anche quello in cui la società ha affittato o concesso in usufrutto l’unica azienda posseduta ovvero ha affittato i terreni agricoli di proprietà;

3) i soggetti che si trovano nel primo periodo d’imposta coincidente con l’apertura della partita I.V.A., a prescindere dall’inizio dell’attività produttiva;

4) le società in amministrazione controllata o straordinaria, relativamente ai periodi di imposta interessati da tali procedure;

5) le società e gli enti i cui titoli sono negoziati nei mercati regolamentati italiani;

6) le società esercenti pubblici servizi di trasporto;

7) le società con un numero di soci non inferiore a 100.

Sono, inoltre, escluse dalla disciplina in esame le società cooperative e le società di mutua assicurazione, gli enti commerciali e non commerciali residenti nel territorio dello Stato, le società consortili, le società e gli enti non residenti privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato.

Il verificarsi dei casi di esclusione sopra elencati comporta la non applicazione della normativa concernente le società non operative, senza pertanto che occorra a tal fine fornire la prova contraria prevista dal secondo periodo del comma 1 dell’art. 30 della legge n. 724 del 1994.

Si ricorda che le società considerate non operative nel periodo d’imposta in corso alla data del 15 settembre 1996 nonché quelle che a tale data si trovano nel primo periodo di imposta possono fruire, ricorrendone le condizioni, della disciplina di scioglimento agevolato di cui ai commi 38 e seguenti dello stesso art. 3 della legge n. 662 del 1996, deliberando lo scioglimento entro il 31 maggio 1997 e richiedendo la cancellazione dal registro delle imprese a norma dell’art. 2456 del cod. civ., entro un anno dalla delibera di scioglimento.

Ne discende, che le società interessate al suddetto scioglimento sono soggette, ove ne ricorrano i presupposti, alla disciplina delle società non operative in riferimento ai periodi d’imposta antecedenti lo scioglimento stesso (sempre che, beninteso, la società non si trovi nel primo periodo d’imposta).

Si precisa, inoltre, che la disciplina delle società non operative si applica sia ai soggetti che svolgono la loro attività in regime di contabilità ordinaria, sia a soggetti che sono ammessi alla tenuta della contabilità semplificata.

Sono qualificate come non operative le società che hanno conseguito un ammontare complessivo di ricavi, incrementi di rimanenze e proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, inferiore alla somma degli importi che risultano applicando:

a) l’1 per cento al valore dei beni indicati nell’articolo 53, comma 1, lett. c), del TUIR, anche se costituiscono immobilizzazioni finanziarie, aumentato del valore dei crediti;

b) il 4 per cento al valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e da beni indicati nell’articolo 8-bis, comma 1, lettera a), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, (navi destinate all’esercizio di attività commerciali o della pesca o ad operazioni di salvataggio o di assistenza in mare ovvero alla demolizione, escluse le unità da di porto di cui alla legge 11 febbraio 1971, n. 50), anche in locazione finanziaria;

c) il 15 per cento al valore delle altre immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria.

I componenti da considerare ai fini della verifica dell’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, sono quelli desumibili dal conto economico.

In particolare, per i soggetti tenuti alla redazione del bilancio, occorre tener conto:

a) per i ricavi, della somma degli importi risultanti dalle voci 1 e 5 dello schema di conto economico previsto dall’articolo 2425 del cod. civ., e, cioè:

• ricavi delle vendite e delle prestazioni;

• altri ricavi e proventi, compresi i contributi in conto esercizio;

b) per gli incrementi di rimanenze, della somma delle variazioni positive delle voci 2, 3 e 11 e cioè:

• variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti;

• variazione dei lavori in corso su ordinazione;

• variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci.

Al riguardo si fa presente che l’ammontare delle predette voci va assunto quale risulta dal conto economico anche quando il relativo importo deriva dalla somma algebrica di sottovoci con opposto segno algebrico.

Per le società e gli enti non residenti che svolgono attività commerciale in Italia mediante stabile organizzazione si deve tener conto dei soli ricavi, incrementi di rimanenze e proventi, esclusi quelli straordinari, conseguiti dalla stabile organizzazione.

c) per i proventi, i soggetti tenuti a redigere il bilancio secondo lo schema previsto dall’articolo 2425 del cod. civ. devono tener conto di quelli che nel conto economico vanno indicati alle voci C15 e C16. Per i soggetti che redigono il bilancio secondo le regole stabilite dal D.Lgs. n. 87 del 1992 e dal provvedimento della Banca d’Italia del 31 luglio 1992, rilevano gli importi risultanti dalle voci 10, 20, 30, 40 e 70.

Per i soggetti esonerati alla redazione del bilancio ai fini fiscali il valore dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, va desunto dalle scritture contabili previste dall’art. 18 del D.P.R. n. 600 del 1973.

Le società commerciali di persone che affittano terreni agricoli devono fare riferimento al canone risultante dal conto economico ovvero, qualora non siano tenute alla redazione del bilancio, a quello risultante dalla contabilità semplificata.

Per quanto riguarda l’individuazione dei beni di cui all’art. 53, comma 1, lett. c) del TUIR, occorre fare riferimento alle azioni, alle quote di partecipazione in società ed enti indicati nelle lettere a), b) e d) del comma 1 dell’art. 87 del Tuir, comprese quelle non rappresentate da titoli, nonché alle obbligazioni ed agli altri titoli in serie o di massa che devono essere presi in considerazione sia se costituiscono attivo circolante, sia se costituiscono immobilizzazioni finanziarie.

In proposito, per quanto riguarda i soggetti tenuti alla redazione del bilancio secondo D.Lgs n. 127 del 1991, tali beni sono allocati, come immobilizzazioni finanziarie, nei seguenti punti dello schema di stato patrimoniale di cui all’art. 2424 del c.c.:

– B, III, 1) - partecipazioni;

– B, III, 3) - altri titoli;

– B, III, 4) - azioni proprie;

ovvero come attivo circolante, nei seguenti punti del predetto schema di stato patrimoniale:

– C, III, 1), 2), 3) e 4) - partecipazioni;

– C, III, 5) - azioni proprie;

– C, III, 6) - altri titoli.

Con riferimento alle azioni proprie, si rileva che, anche se si tratta di titoli richiamati dall’art. 53 del TUIR, esse, ai sensi dell’art. 2357-ter del c.c. non danno diritto all’utile che è attribuito proporzionalmente alle altre azioni e, pertanto, non essendo idonee a produrre proventi, non rilevano ai fini in esame.

Per quanto riguarda le quote di partecipazioni in società di persone va evidenziato che esse, non essendo ricomprese fra i beni indicati nell’art. 53 comma 1, lettera c), del TUIR, sono rilevanti ai fini della disciplina in esame come altre immobilizzazioni su cui si applica la percentuale del 15 per cento, sempreché evidentemente costituiscano immobilizzazioni finanziarie.

Si precisa, inoltre, che, con riferimento al valore dei crediti, rientrano nella base di computo i crediti derivante da operazioni di finanziamento. Non devono essere inclusi nel computo in esame i depositi bancari, in quanto i medesimi costituiscono disponibilità liquide e, come tali, vanno indicate nell’attivo circolante al punto IV, 1.

Per i soggetti non tenuti alla redazione del bilancio ai fini fiscali il valore dei beni e delle immobilizzazioni va desunto dalle scritture contabili previste dall’art. 18 del D.P.R. n. 600 del 1973. Ne discende che, ai fini della disciplina in esame, non si tiene conto dei crediti, in quanto gli stessi non emergono da tali scritture contabili.

Per quanto riguarda la determinazione del valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e dai beni indicati nell’articolo 8-bis, comma 1, lettera a), del D.P.R. n. 633 del 1972, anche in locazione finanziaria, stante il tenore letterale della norma occorre tener conto, oltre che dei beni immobili costituiti da terreni e fabbricati, anche dei già menzionati beni indicati nell’art. 8-bis, comma 1, lettera a), del D.P.R. n. 633 del 1972.

Stante il tenore letterale della norma, ai fini di cui trattasi, rilevano soltanto i beni acquisiti in locazione finanziaria e non anche quelli in locazione, in comodato o presi a noleggio.

IIn particolare, tali beni emergono, come immobilizzazioni materiali, dalle seguenti voci dello schema di stato patrimoniale di cui all’art. 2424 del c.c.:

– B, II, 1) - i terreni e i fabbricati;

– B, ll, 4) - i beni di cui al citato art. 8 bis.

Per i soggetti esonerati dalla redazione del bilancio ai fini fiscali, il valore dei beni e delle immobilizzazioni va desunto dalle scritture contabili previste dall’art. 18 del D.P.R. n. 600 del 1973.

Rientrano nella voce "altre immobilizzazioni" gli impianti e i macchinari (B, II, 2)), nonché le attrezzature industriali e commerciali (B, II, 3)) e gli altri beni di cui alla voce B, II, 4), diversi dalle navi, alle quali si applica la percentuale del 15 per cento.

Ai sensi del comma 2 dell’art. 30 in esame, ai fini della determinazione del valore dei beni, trova applicazione l’articolo 76, comma 1, del TUIR; (quindi il costo dei beni ammortizzabili va assunto al lordo delle quote di ammortamento già dedotte e degli eventuali contributi), per i beni in locazione finanziaria si assume il costo sostenuto dall’impresa concedente ovvero, in mancanza di documentazione, la somma dei canoni di locazione e del prezzo di riscatto risultanti dal contratto, mentre per quelli per i quali sia stata esercita l’opzione di riscatto va assunto, quale valore di riferimento, il prezzo di riscatto.

Per quanto riguarda le attività finanziarie, diverse da quelle indicate nell’art. 53, comma 1, lettera c) del TUIR (come ad esempio le partecipazioni in società personali), va precisato che esse rilevano ai fini in esame solo se costituiscono immobilizzazioni. Relativamente alle immobilizzazioni immateriali, si precisa che, ai fini in questione, devono ritenersi suscettibili di produrre ricavi o proventi sia quelle rappresentate da veri e propri beni (diritti di brevetto, concessioni, licenze etc...) sia quelle rappresentate da costi ad utilità pluriennale (quali, ad esempio, l’avviamento, i costi di impianto e di ampliamento, le spese di pubblicità etc...). A questo ultimo riguardo l’ammontare da assumere ai fini dell’applicazione delle percentuali previste dalla norma in esame é quello al netto degli importi già dedotti in precedenti esercizi.

Sono da considerare tra le altre immobilizzazioni anche i beni strumentali di valore inferiore al milione.

Per i soggetti esonerati dalla redazione del bilancio ai fini fiscali il valore dei beni e delle immobilizzazioni va desunto dalle scritture contabili previste dall’art. 18 del D.P.R n. 600 del 1973.

Per quanto riguarda sia le immobilizzazioni materiali che quelle immateriali, si precisa che vanno comunque escluse quelle "in corso", in quanto le medesime si trovano in una fase non idonea a produrre alcun tipo di provento. Analogamente non rilevano, ai fini in esame, "gli acconti".

2. Modalità di calcolo

Per verificare se la società è da considerare, o meno, non operativa occorre mettere a raffronto l’ammontare complessivo dei ricavi, dei proventi e dell’incremento delle rimanenze con quello risultante dalla somma degli importi ottenuti dall’applicazione delle previste percentuali al valore dei beni indicati nel comma 1 del citato art. 30, lett. a), b) e c).

A tal fine i ricavi, i proventi e gli incrementi di rimanenze nonché i valori dei beni e delle immobilizzazioni vanno assunti in base alle risultanze medie dell’esercizio e dei due precedenti.

Nel caso in cui un bene non sia stato posseduto per l’intera durata dell’esercizio il suo valore dovrà essere ragguagliato al periodo di possesso. Analogamente nel caso in cui l’esercizio abbia durata inferiore o superiore all’anno dovrà essere operato il ragguaglio all’anno.

3. Determinazione del reddito imponibile minimo

Il reddito imponibile minimo che, salva la prova contraria, deve essere dichiarato dalle società non operative si presume non inferiore all’ammontare della somma degli importi derivanti dall’applicazione, ai già menzionati valori delle categorie di beni posseduti nell’esercizio, delle percentuali dello 0,75 per cento (sul valore dei beni indicati nell’art. 53, comma 1 lettera c), del Tuir anche se costituiscono immobilizzazioni finanziarie aumentato del valore dei crediti), 3 per cento (sul valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e dai beni indicati nell’art. 8-bis, comma 1, letterra a), del D.P.R.n. 633 del 1972) e del 12 per cento (sul valore complessivo delle altre immobilizzazioni).

Infine, si fa presente che, in luogo della compilazione del prospetto per la verifica dell’operatività e determinazione del reddito imponibile minimo, il soggetto interessato può predisporre e conservare una attestazione, redatta nelle forme della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, di cui alla legge 4 gennaio 1968, n. 15, con la quale dichiara di possedere i requisiti per essere considerato società operativa sulla base di quanto disposto dall’art. 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, come modificato da ultimo dall’art. 3, comma 37, della legge 23 dicembre 1996, n. 662; la stessa autocertificazione può essere resa per dichiarare di non possedere i requisiti previsti dalla menzionata disposizione e, conseguentemente in quanto società non operativa di applicare la disciplina di cui al comma 3 della disposizione medesima. In tal caso deve essere barrata l’apposita casella posta nel rigo 019 del Mod. 750 base

In conformità a quanto già precisato nella circolare n. 140/E del 15 maggio 1995, si ribadisce che la disciplina delle società di comodo non implica il venir meno delle agevolazioni fiscali previste da specifiche disposizioni di legge.

4. Perdite dell’esercizio e degli esercizi pregressi

Le perdite d’impresa in contabilità ordinaria degli esercizi precedenti possono essere computate in diminuzione soltanto della parte di reddito eccedente quello minimo come sopra determinato.

In conseguenza dell’estensione dell’ambito soggettivo di applicazione della norma alle società in nome collettivo e in accomandita semplice - le quali, ai fini Irpef, imputano il reddito o la perdita ai soci proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili di ciascuno di essi - la locuzione "perdite di esercizi precedenti" riguarda tutte le perdite pregresse d’impresa in contabilità ordinaria conseguite dai soci, incluse, anche quelle eventualmente derivanti dallo svolgimento di un’attività imprenditoriale autonoma del socio o quelle derivanti dalla partecipazione a società di persone, anche se considerate "operative", così come risultano dal relativo prospetto contenuto nei modelli di dichiarazione (mod. 740 base).

Conclusivamente, le perdite di esercizi precedenti, risultanti dal relativo prospetto, possono essere portate in diminuzione soltanto per la parte eccedente il totale delle quote di reddito "minimo" determinate secondo le indicazioni già fornite. Eventuali perdite dell’esercizio (evidenziate, ad esempio, nel quadro F o G ovvero nello stesso quadro H con riferimento alla partecipazione in altre società di persone) possono, invece, essere computate in diminuzione del reddito imputato al socio.

5. Prova contraria

Gli uffici delle imposte possono rettificare il reddito qualora lo stesso sia stato dichiarato in misura inferiore a quella stabilita dalla normativa in esame anche mediante l’applicazione della procedura di accertamento parziale prevista dall’art. 41-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice.

A pena di nullità dell’accertamento, gli uffici devono richiedere al contribuente, anche per lettera raccomandata, chiarimenti da inviare per iscritto entro sessanta giorni dalla data di ricezione della richiesta. Nella risposta devono essere indicati i motivi posti a fondamento della prova contraria di cui al comma 1 del medesimo art. 30. I motivi non addotti nelle risposte non possono essere fatti valere in sede di impugnazione dell’atto di accertamento.

Analogamente a quanto previsto nelle altre ipotesi di accertamento parziale di cui all’art. 41-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, anche per gli accertamenti effettuati nei confronti delle società non operative per determinare il maggior reddito rispetto a quello dichiarato, gli uffici procederanno all’iscrizione provvisoria a ruolo del 50 per cento della maggiore imposta dovuta.

La prova contraria, che può essere fornita dal soggetto per vincere la presunzione di non operatività, deve essere sostenuta da riferimenti ad oggettive situazioni di carattere straordinario che hanno reso impossibile il conseguimento di ricavi, di proventi e di incrementi di rimanenze di ammontare almeno pari a quello presunto, il cui raggiungimento è richiesto perché la società possa essere esclusa dalla disciplina in esame.

La prova contraria può essere fornita ogni qualvolta si verifichino situazioni di carattere straordinario da cui scaturiscono conseguenze obiettivamente riscontrabili, non suscettibili di valutazioni soggettive.

In base a tali principi si può affermare, ad esempio, che costituisce valida prova contraria:

• la circostanza, obiettivamente provata, che una società non abbia potuto conseguire maggiori ricavi, incrementi di rimanenze o proventi a causa di una crisi di settore che assume carattere straordinario. Naturalmente il contribuente deve altresì dimostrare che, in assenza di detta situazione di carattere straordinaria, avrebbe conseguito un ammontare di ricavi, incrementi di rimanenze e proventi non inferiore a quello presunto (facendo, ad esempio, riferimento all’ammontare degli stessi risultante dai bilanci relativi agli esercizi nei quali non sussisteva la situazione di crisi);

• la circostanza che una società finanziaria abbia conseguito minori proventi a causa della mancata distribuzione di dividendi da parte delle società controllate interessate, ad esempio, da crisi di settore, sempreché, naturalmente, si possa presumere che sarebbero stati, altrimenti, distribuiti dividendi il cui conseguimento avrebbe consentito alla società controllante di raggiungere il limite dei proventi presunti;

• la circostanza che la società abbia subito un furto che ha inciso in misura rilevante sulla entità delle rimanenze finali o sui ricavi in misura tale da impedire il raggiungimento del limite dei ricavi, incrementi di rimanenze e proventi minimi presunti.

n Domicilio fiscale

Ai sensi dell’art. 58 del D.P.R. 600/73, il domicilio fiscale è stabilito nel Comune in cui la società, l’associazione o il GEIE ha la propria sede legale o, in mancanza, la sede amministrativa; se anche quest’ultima manca, il domicilio fiscale è stabilito nel Comune dove viene esercitata prevalentemente l’attività.

Le cause di variazione del domicilio fiscale hanno effetto dal 60° giorno successivo a quello in cui si sono verificate. Se il domicilio fiscale è fissato dall’Amministrazione Finanziaria d’autorità o su richiesta di parte in un Comune diverso da quello stabilito ai sensi dell’art. 58 citato, il relativo provvedimento ha effetto dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stato variato. In questo caso la dichiarazione deve essere presentata al Centro di Servizio o all’Ufficio delle imposte competente secondo il suddetto provvedimento.

n Erogazioni liberali a favore delle fondazioni di diritto privato operanti nel settore musicale

L’art. 25, comma 2, del Decreto Legislativo 29 giugno 1996, n. 367 stabilisce che il limite del 2 per cento previsto dagli artt. 13 bis, comma 1, lettera i) e 65, comma 2, lettera c-quinques del Tuir è elevato al 30 per cento per le somme versate al patrimonio della fondazione di diritto privato derivante dalla trasformazione degli enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale al momento della sua costituzione, per le somme versate come contributo alla gestione della fondazione nell’anno in cui è pubblicato il decreto che approva la trasformazione e per le somme versate come contributo alla gestione della fondazione per i tre periodi di imposta successivi alla data di pubblicazione del decreto che approva la trasformazione.

n Esclusione dall’ILOR del reddito degli immobili relativi all’impresa

Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, istitutivo dell’imposta comunale sugli immobili, all’art.17, comma 4, stabilisce che sono esclusi dall’imposta locale sui redditi i redditi di fabbricati a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali od oggetto di locazione, i redditi dominicali delle aree fabbricabili e dei terreni agricoli, nonché i redditi agrari di cui all’art. 29 del Tuir.

Per tutti i terreni e i fabbricati posseduti a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale relativi all’impresa (strumentali, beni merce ed altri) e non locati, l’importo del reddito d’impresa da escludere dall’ILOR coincide sempre con la rendita catastale dell’immobile.

Il medesimo criterio si rende applicabile anche per i fabbricati strumentali concessi in leasing, nonché, ad esempio, per quelli facenti parte dell’unica azienda concessa in affitto.

Per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, ai fini dell’esclusione dall’ILOR va fatto riferimento al valore determinato applicando ai costi di acquisizione degli immobili i coefficienti di aggiornamento stabiliti in relazione all’anno in cui detti costi sono stati sostenuti (cioè all’imponibile determinato ai fini dell’ICI).

Da tale "valore patrimoniale" dell’immobile occorre desumere, sia pure convenzionalmente, il reddito, applicando il divisore pari a 50, che è il coefficiente di moltiplicazione applicabile alle rendite catastali delle unità immobiliari classificate nel gruppo D.

Per i fabbricati non ancora iscritti in catasto e per quelli che, pur censiti, sono ancora sprovvisti di rendita, o la cui rendita risulta non più rispondente alla situazione originariamente considerata, deve essere assunta la rendita attribuita a fabbricati similari.

Qualora il fabbricato risulti già accatastato, le risultanze vanno disattese solo se il possessore ha sottoposto l’immobile stesso a variazioni o adattamenti tali da mutarne la classificazione catastale. In tal modo si deve tener conto delle nuove caratteristiche catastali anche se il nuovo accatastamento non risulti ancora avvenuto; e ciò non solo quando il possessore abbia già presentato la domanda per il nuovo accatastamento, ma anche quando detta domanda sia stata omessa.

Per i terreni dati in affitto per uso agricolo si applica il disposto dell’art.129, comma 1, del Tuir.

Per i terreni dati in affitto per uso non agricolo è escluso dall’ILOR un importo pari alla rendita catastale.

Per i fabbricati relativi all’impresa dati in locazione va escluso dall’ILOR un importo pari:

a) alla rendita catastale o, se superiore, al canone di locazione ridotto forfetariamente del 15 per cento (o del 25 per cento per i fabbricati siti nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano);

b) al canone di locazione ridotto del 15 per cento (o del 25 per cento per i fabbricati siti nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano) per le unità immobiliari date in locazione in regime legale di determinazione del canone.

Si fa presente che, per effetto dell’art. 3, commi 48 e 52, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ai soli fini della determinazione delle imposte sui redditi, i redditi dominicali sono rivalutati dell’80% e la rendita catastale dei fabbricati è rivalutata del 5%.

n GEIE (Gruppo europeo di interesse economico)

Il Gruppo Europeo di Interesse Economico, la cui costituzione é stata introdotta nell’ordinamento dal decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240, pur non essendo soggetto passivo d’imposta, é tuttavia tenuto alla presentazione del Mod. 750, quale soggetto di accertamento per l’imputazione del reddito ai fini dell’IRPEF, dell’IRPEG e dell’ILOR ai singoli membri ( persone fisiche esercenti una attività commerciale e arti e professioni, società di persone, società di capitali, appartenenti a Stati diversi, membri della Comunità).

Pertanto il Mod. 750, con gli opportuni adattamenti, deve essere utilizzato esclusivamente per l’indicazione dei membri e l’imputazione agli stessi dei redditi conseguiti.

Il GEIE deve, comunque, utilizzare il quadro A, indipendentemente dal tipo di attività esercitata e deve riportare il reddito ivi determinato nel quadro 750/O.

Si precisa che, qualora l’ammontare del reddito imponibile ai fini dell’ILOR diverga da quello imponibile ai fini dell’IRPEF e dell’IRPEG, dovranno essere specificate in apposito allegato le quote di reddito imponibile ai fini dell’ILOR da imputare a ciascun membro; conseguentemente nel prospetto da rilasciare ai membri dovrà essere indicata oltre alla quota di reddito imponibile agli effetti dell’imposta personale anche quella imponibile ai fini dell’ILOR da imputare a ciascun membro.

Il GEIE non é tenuto al pagamento dell’ILOR.

L’imponibile ILOR determinato unitariamente in capo al GEIE va imputato ai singoli membri nella proporzione prevista dal contratto di gruppo o, in mancanza, in parti uguali.

n Immobili inagibili

Nei casi di inagibilità per accertato degrado fisico (immobili diroccati, pericolanti o fatiscenti) e per obsolescenza funzionale, strutturale e tecnologica (non superabile con interventi di manutenzione) è possibile attivare una procedura catastale volta a far risultare la mancanza dei requisiti che determinano l’ordinaria destinazione (categoria) del cespite immobiliare e, quindi, ad ottenere la variazione dell’accertamento catastale. Ciò naturalmente, sempreché l’unità immobiliare non sia di fatto utilizzata.

Tale procedura consiste nell’inoltro all’UTE di una denuncia di variazione, corredata dall’attestazione degli organi comunali o di eventuali ulteriori organi competenti. Tale denuncia va presentata entro il 31 gennaio ed ha effetto per l’anno in cui la denuncia è stata prodotta e per gli anni successivi. In tal caso, oltre ad indicare il codice 3 nella casella 6 relativa ai casi particolari, deve essere indicata la nuova rendita attribuita dall’UTE e, in mancanza, la rendita presunta.

Qualora non sia stata posta in essere la suddetta procedura il reddito di dette unità immobiliari deve comunque essere assoggettato ad imposizione secondo i criteri ordinari.

n Immobili riconosciuti di interesse storico o artistico

Per gli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi dell’art. 3 della legge 1° giugno 1939, n. 1089 e successive modificazioni ed integrazioni, la rendita da indicare deve essere determinata mediante l’applicazione della minore tra le tariffe di estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale il fabbricato è collocato.

Se gli immobili in questione sono concessi in locazione deve essere indicato anche il relativo canone nella colonna 4.

In questo caso devono essere applicate tutte le regole relative alla tassazione sulla base del reddito effettivo compreso il confronto tra la rendita ed il canone di locazione.

n Immobili strumentali dell’impresa

Ai fini delle imposte sui redditi, si considerano strumentali per l’esercizio dell’attività commerciale ai sensi dell’art. 40, comma 2, del Tuir:

– gli immobili utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa commerciale da parte del possessore (cc.dd. strumentali per destinazione);

– gli immobili che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, anche se non utilizzati o anche se dati in locazione o in comodato (cc.dd. strumentali per natura) classificati o classificabili nei gruppi B (unità immobiliari per uso di alloggi collettivi), C (unità immobiliari a destinazione ordinaria commerciale e varia), D (immobili a destinazione speciale), E (immobili a destinazione particolare), e nella categoria A/10 (uffici e studi privati), a condizione che la destinazione ad ufficio o studio sia prevista nella licenza o concessione edilizia, anche in sanatoria.

Si precisa che, ai sensi del comma 1 dell’art. 77 del Tuir, gli immobili strumentali si considerano relativi all’impresa solo se indicati nell’inventario redatto e vidimato a norma dell’art. 2217 del cod. civ. o, per i soggetti indicati nell’art. 79 del Tuir, nel registro dei beni ammortizzabili.

La citata disposizione si applica, per gli immobili strumentali per destinazione, solo con riferimento a quelli acquisiti a partire dal 1° gennaio 1992.

Relativamente agli immobili strumentali per destinazione acquisiti precedentemente a tale data, per i quali non sia stata esercitata l’opzione per la loro esclusione dal patrimonio dell’impresa, ai sensi dell’art. 58 della legge n. 413 del 1991, continua ad operare la presunzione assoluta di appartenenza all’impresa, a prescindere dall’iscrizione degli stessi nell’inventario o nel registro dei beni ammortizzabili. Detta presunzione opera anche nel caso in cui, pur essendo stata esercitata l’opzione, sia stato omesso il versamento dell’imposta sostitutiva prevista dal citato art. 58.

Relativamente agli immobili strumentali per natura, si precisa che le relative quote di ammortamento vanno calcolate sul costo storico di acquisizione e tenendo conto, per quelle acquistate anteriormente al 1° gennaio 1974, dei criteri di cui al D.P.R.23 dicembre 1974, n. 689. Se l’immobile è stato acquistato in esercizi anteriori a quello avente inizio dopo il 31 dicembre 1987, il contribuente può dedurre soltanto le quote di ammortamento maturate a partire dall’esercizio avente inizio dopo il 31 dicembre 1987, mentre non possono essere computate in diminuzione le quote relative a periodi di imposta precedenti, non deducibili in base alla previgente normativa.

Per i beni strumentali dell’impresa individuale provenienti dal patrimonio personale dell’imprenditore, è riconosciuto, ai fini fiscali, il costo determinato in base alle disposizioni di cui al richiamato D.P.R. n. 689 del 1974, da iscrivere tra le attività relative all’impresa nell’inventario di cui all’art. 2217 del codice civile; in tal caso le quote di ammortamento sono deducibili a decorrere dall’esercizio in corso alla data dell’iscrizione.

Qualora i beni strumentali provenienti dal patrimonio personale erano utilizzati alla data del 31 dicembre 1988, il valore ad essi attribuibile, anche ai fini della deduzione delle quote di ammortamento, va commisurato al valore normale dei beni medesimi a tale data.

Se i predetti beni non sono stati indicati nell’inventario relativo all’anno 1988, nel periodo di imposta in cui ne verrà effettuata l’iscrizione assumerà rilevanza fiscale il valore normale determinato con riferimento alla suindicata data.

n Immobilizzazioni finanziarie [art. 54, comma 4, del Tuir]

L’art. 3, comma 106, della L. 28 dicembre 1995, n. 549, ha chiarito che, agli effetti dell’applicazione delle disposizioni del secondo periodo del comma 4, dell’art. 54, del Tuir, che consente la rateizzazione delle plusvalenze conseguite, si considerano immobilizzazioni finanziarie iscritte come tali in bilancio anche le partecipazioni figuranti nei bilanci redatti secondo le disposizioni del codice civile vigenti anteriormente alle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 127 del 1991, la cui natura di immobilizzazioni emergeva in modo inequivocabile dalle indicazioni dei bilanci stessi o da altri elementi certi e precisi della contabilità.

n Imposte indeducibili

Sulla base dell’art. 64, comma 1, del Tuir, le imposte sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione. Sono altresì indeducibiIi l’imposta sul patrimonio netto delle imprese, istituita con DL 30 settembre 1992, n. 394, convertito dalla legge 26 novembre 1992, n. 461, e l’imposta comunale sugli immobili istituita con decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, nonché l’imposta sostitutiva di cui al D.Lgs. 8 ottobre 1997, n. 358.

n Indennità di esproprio

Con tale espressione si fa riferimento alle plusvalenze ed alle altre somme di cui all’articolo 11, commi da 5 a 8 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, percepite a titolo di indennità di esproprio od ad altro titolo nel corso del procedimento espropriativo, nonché a seguito di occupazione acquisitiva, compresi gli interessi su tali somme e la rivalutazione. Per la nozione di occupazione acquisitiva deve farsi riferimento all’espropriazione di fatto che si verifica quando la pubblica autorità, occupando illegittimamente un suolo privato ed irreversibilmente destinandolo a realizzazioni di interesse pubblico, crea i presupposti per la emanazione di un provvedimento giudiziario che riconosca al privato una somma a titolo di risarcimento per la privazione del suolo stesso.

In forza delle citate disposizioni le indennità e le altre somme devono essere dichiarate a condizione che siano state corrisposte relativamente ad aree destinate alla realizzazione di opere pubbliche o di infrastrutture urbane all’interno delle zone omogenee di tipo A, B, C e D di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, definite dagli strumenti urbanistici e di interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni.

Va precisato che le somme percepite a titolo di indennità di esproprio o ad altro titolo nell’ambito del procedimento espropriativo, nonché quelle comunque riscosse a titolo di risarcimento del danno a seguito di acquisizione coattiva conseguente ad occupazioni d’urgenza divenute illegittime come avanti individuate, compresa la rivalutazione, danno luogo a plusvalenze ai sensi dell’articolo 11, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e vanno, pertanto, determinate secondo i criteri di cui all’articolo 82, comma 2, ultimi due periodi del Tuir. Vedere in questa Appendice la voce "Calcolo delle plusvalenze".

Le somme, invece, percepite a titolo di indennità di occupazione, diverse da quelle prima considerate, nonché gli interessi comunque dovuti sulle somme da cui derivano le anzidette plusvalenze, danno luogo, ai sensi dell’articolo 11, comma 6, della citata legge n. 413, a redditi diversi di cui all’articolo 81 del Tuir e vanno pertanto assunti a tassazione per il loro intero ammontare.

Non danno luogo a plusvalenza le somme corrisposte a titolo di indennità di servitù, in quanto nei casi di specie il contribuente conserva la proprietà del cespite. Conseguentemente, in questi casi non si applica la ritenuta di cui all’articolo 11, comma 7, della citata legge n. 413 del 1991.

n Interessi passivi e costi indiretti [art. 76, comma 1, lett. b), del Tuir]

Per i beni materiali ed immateriali strumentali per l’esercizio dell’impresa si comprendono nel costo, fino al momento della loro entrata in funzione e per la quota ragionevolmente imputabile ai beni medesimi, gli interessi passivi relativi alla loro fabbricazione, interna o presso terzi, nonché quelli sui prestiti contratti per la loro acquisizione, a condizione che siano imputati nel bilancio ad incremento del costo stesso. Con i medesimi criteri previsti per gli interessi passivi possono essere aggiunti al costo di fabbricazione anche i costi diversi da quelli direttamente imputabili al prodotto.

Per gli immobili alla cui produzione è diretta l’attività dell’impresa si comprendono nel costo gli interessi passivi sui prestiti contratti sia per la loro costruzione che per la loro ristrutturazione, a condizione che siano stati imputati nel bilancio ad incremento del costo stesso.

n Lottizzazione

Questa voce interessa, in particolare, i soggetti tenuti a dichiarare le plusvalenze di cui all’art. 81, comma 1, lettera a) del TUIR, in quanto non conseguite nell’attività d’impresa.

Al riguardo si sottolinea che la nozione tecnica di lottizzazione è desumibile dall’art. 8 della legge 6 agosto 1967, n. 765, che ha sostituito i primi due commi dell’art. 28 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, nonché dalla circolare n. 3210 del 28 ottobre 1967, con la quale il Ministero dei lavori pubblici, in sede di istruzioni alle nuove disposizioni di cui alla citata legge n. 765 del 1967, ha precisato che costituisce lottizzazione non il mero frazionamento dei terreni, ma qualsiasi utilizzazione del suolo che, indipendentemente dal frazionamento fondiario e dal numero dei proprietari, preveda la realizzazione contemporanea o successiva di una pluralità di edifici a scopo residenziale, turistico o industriale e, conseguentemente, comporti la predisposizione delle spese di urbanizzazione occorrenti per le necessità primarie e secondarie dell’insediamento.

Tali criteri sono già stati ripetutamente confermati sia in sede giurisprudenziale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 29 ottobre 1971, n. 951; Cassazione, 2 luglio 1977, n. 2880 e 5 novembre 1975, n. 3709) che in sede amministrativa, con risoluzione 7 agosto 1981, n. 7/2704.

La norma del TUIR è di portata più ampia rispetto all’analoga disposizione contenuta nell’art. 76 del D.P.R. n. 597 del 1973, dal momento che è stato soppresso il riferimento, contenuto nella precedente norma, a "terreni inclusi in piani regolatori o in programmi di fabbricazione". Ai sensi delle nuove norme, quindi, ogni operazione obiettivamente considerata di lottizzazione o di esecuzione d’opere per l’edificabilità di terreni (anche al di fuori o in contrasto con i vincoli urbanistici) dà luogo a plusvalenze ai fini tributari, beninteso ricorrendone le condizioni.

n Modelli 750

Le società di persone ed i soggetti equiparati residenti in Italia devono utilizzare per la dichiarazione dei redditi il modello base ed i seguenti modelli:

Mod. 750/RA relativo a redditi d’impresa in regime ordinario;

Mod. 750/RB relativo a redditi d’impresa in contabilità semplificata;

Mod. 750/RC relativo a redditi di lavoro autonomo;

Mod. 750/RD relativo ai redditi dei terreni;

Mod. 750/RE relativo a redditi di fabbricati;

Mod. 750/RF relativo a redditi di capitale;

Mod. 750/RG relativo a redditi di partecipazione in società di persone;

Mod. 750/RH relativo a redditi diversi;

Mod. 750/RI relativo a redditi soggetti a tassazione separata, ad imposizione sostitutiva e proventi di fonte estera;

Mod. 750/RJ relativo a redditi di allevamento di animali;

Mod. 750/RK ai fini della determinazione dell’imposta sul patrimonio netto delle imprese;

Mod. 750/RM dati relativi ai singoli soci o associati;

Mod. 750/RN elenco nominativo degli amministratori e dei rappresentanti;

Mod. 750/RP ai fini dell’indicazione dei dati comuni ai modelli 750/RA, 750/RB, e 750/RJ;

Mod. 750/RR reddito assoggettabile ad aliquota ridotta ai sensi del D.Lgs. n. 466 del 1997 (DIT);

Mod. 750/RS ai fini dell’utilizzo dei crediti d’imposta;

Mod. 750/RT ai fini dell’indicazione del versamento dei premi di assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali.

Mod. 750/RU ai fini delle plusvalenze soggette ad imposta sostitutiva;

Mod. 750/RV prospetto relativo alle operazioni di fusione;

Mod. 750/RW ai fini dell’indicazione dei trasferimenti da e per l’estero di denaro, titoli e valori mobiliari.

Mod. 750/RX prospetto di riconciliazione;

Mod. 750/RY imposta sostitutiva D.Lgs. n. 358 del 1997;

Mod. 750/RZ prospetto relativo alle operazioni di scissione;

n Oneri deducibili e oneri per cui spetta una detrazione d’imposta

• Oneri deducibili

Dal reddito complessivo dei singoli soci sono deducibili ai sensi dell’art. 10, comma 3 del Tuir, i seguenti oneri sostenuti dalle società semplici:

• l’Invim decennale, per quote costanti, nel periodo d’imposta in cui avviene il pagamento e nei quattro successivi. Si precisa che in ogni periodo d’imposta possono essere dedotte quote pari a 1/5 delle imposte pagate nel periodo stesso e nei quattro periodi precedenti;

• le somme corrisposte ai dipendenti, chiamati ad adempiere funzioni presso gli uffici elettorali, in ottemperanza alle disposizioni dell’art. 119 del D.P.R. 361 del 1957 e dell’art. 1 della legge 30 aprile 1981, n. 178;

• i contributi, le donazioni e le oblazioni erogati in favore delle organizzazioni non governative idonee ai sensi dell’art. 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, per un importo non superiore al 2% del reddito complessivo dichiarato;

• le indennità per perdita dell’avviamento corrisposte per legge al conduttore in caso di cessazione della locazione di immobili urbani adibiti ad usi diversi da quello di abitazione.

• Oneri per cui spetta una detrazione d’imposta

Dall’imposta lorda dei singoli soci si detrae un importo pari al 22 per cento dell’ammontare dei seguenti oneri sostenuti dalla società semplice:

a) gli interessi passivi e relativi oneri accessori, nonché le quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione, pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della UE ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti in dipendenza di prestiti o mutui agrari di ogni specie, nei limiti dei redditi dei terreni dichiarati;

b) gli interessi passivi, e relativi oneri accessori, nonché le quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili stipulati anteriormente al 1° gennaio 1993 nel limite di lire 4 milioni;

c) le spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e del D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409, nella misura effettivamente rimasta a carico. La necessità delle spese, quando non siano obbligatorie per legge, deve risultare da apposita certificazione rilasciata dalla competente Sovrintendenza, previo accertamento della loro congruità effettuato d’intesa con l’Ufficio tecnico erariale competente per territorio. La detrazione spetta nel periodo d’imposta in cui le spese sono sostenute, a condizione che la necessaria certificazione sia rilasciata entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi. Se tale condizione non si verifica, la detrazione spetta nell’anno d’imposta in cui è stato completato il rilascio della certificazione da parte degli uffici competenti. La detrazione non spetta in caso di mutamento di destinazione dei beni senza la preventiva autorizzazione dell’Amministrazione per i beni culturali e ambientali, di mancato assolvimento degli obblighi di legge per consentire l’esercizio del diritto di prelazione dello Stato sui beni immobili e mobili vincolati e di tentata esportazione non autorizzata di questi ultimi. L’Amministrazione per i beni culturali ed ambientali dà immediata comunicazione al competente Ufficio delle entrate, delle violazioni che comportano la perdita del diritto alla detrazione e, dalla data di ricevimento della comunicazione, inizia a decorrere il termine entro il quale l’Amministrazione finanziaria può rettificare la dichiarazione dei redditi;

d) le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e di associazioni legalmente riconosciute che, senza scopo di lucro, svolgono o promuovono attività di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico, effettuato per l’acquisto, la manutenzione, la protezione o il restauro delle cose indicate nell’art. 1 delle legge 1° giugno 1939, n. 1089, e nel D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409, ivi comprese le erogazioni effettuate per l’organizzazione di mostre e di esposizioni, di rilevante interesse scientifico o culturale, delle cose anzidette e per gli studi e le ricerche eventualmente a tal fine necessari. Le mostre, le esposizioni, gli studi e le ricerche devono essere autorizzati, previo parere del competente comitato di settore del Consiglio nazionale per i beni culturali ed ambientali, dal Ministero per i beni culturali ed ambientali, che dovrà approvare la previsione di spesa ed il conto consuntivo. Il Ministero per i beni culturali e ambientali stabilisce i tempi necessari affinché le erogazioni fatte a favore delle associazioni legalmente riconosciute, delle istituzioni e delle fondazioni siano utilizzate per gli scopi preindicati, e controlla l’impiego delle erogazioni stesse. Detti termini possono, per causa non imputabile al donatario, essere prorogati una sola volta. Le erogazioni liberali non integralmente utilizzate nei termini assegnati ovvero utilizzate non in conformità alla destinazione affluiscono, nella loro totalità, all’entrata dello Stato;

e) le erogazioni liberali in denaro, per un importo non superiore al 2% del reddito complessivo dichiarato, a favore di enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute e senza scopo di lucro che svolgono esclusivamente attività nello spettacolo, effettuate per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento delle strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari settori dello spettacolo. Le erogazioni non utilizzate per tali finalità dal percipiente entro il termine di due anni dalla data del ricevimento affluiscono, nella loro totalità, all’entrata dello Stato;

f) le erogazioni liberali in denaro, per un importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato, a favore degli enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale, per i quali è prevista la trasformazione in fondazioni di diritto privato ai sensi dell’art.1 del D.Lgs. 29 giugno 1996, n. 367. Per le somme versate al patrimonio della fondazione al momento della sua costituzione, o come contributo alla gestione della medesima nell’anno in cui è pubblicato il decreto di approvazione della trasformazione in fondazione e per le somme versate come contributo alla gestione della fondazione per i tre periodi d’imposta successivi alla data di pubblicazione del suddetto decreto che approva la trasformazione, il predetto limite del 2 per cento è elevato al 30 per cento. I soggetti privati, erogatori delle somme da ultimo menzionate, devono, per poter fruire della detrazione, impegnarsi con atto scritto a versare tali somme per i cennati tre periodi d’imposta. In caso di mancato rispetto dell’impegno assunto si provvede al recupero delle somme detratte;

g) Mutui contratti per interventi di recupero edilizio. L’art. 1, comma 4, del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 1997, n. 30, ha disposto che ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche si detrae dall’imposta lorda, e fino a concorrenza del suo ammontare, un importo pari al 22 per cento dell’ammontare complessivo, non superiore a cinque milioni di lire, degli interessi passivi e relativi oneri accessori, nonché delle quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della U.E., ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti in dipendenza di mutui contratti nel 1997 per effettuare interventi di recupero di cui alle lettere a), b), c) e d) dell’art. 31, comma 1, della L. 5 agosto 1978, n. 457.

Gli interventi di recupero del patrimonio edilizio relativamente ai quali compete la predetta detrazione, sono i seguenti:

a) interventi di manutenzione ordinaria, cioè quelli che riguardano opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti;

b) interventi di manutenzione straordinaria, cioè le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempreché non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d’uso;

c) interventi di restauro e di risanamento conservativo, cioè quelli rivolti ad assicurare le funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio;

d) interventi di ristrutturazione edilizia, cioè quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti.

Al fine di usufruire della detrazione è necessario che nel 1997 sia stato stipulato un contratto di mutuo, come definito dall’art. 1813 del c.c., con lo specifico scopo di finanziare i predetti interventi di recupero edilizio che possono riguardare immobili adibiti ad abitazione, o ad usi diversi (box, cantine, uffici, negozi, ecc.), sempreché gli interventi stessi siano posti in essere su immobili situati nel territorio nazionale e nel rispetto degli adempimenti previsti dalla normativa che disciplina l’attività edilizia.

Non sono, invece, ammessi altri tipi di finanziamento (come ad es. aperture di credito, cambiali ipotecarie, ecc.).

La detrazione in questione spetta oltre che in riferimento agli immobili di proprietà del soggetto privato, anche per quelli di proprietà di terzi, utilizzati dal soggetto privato sulla base di un contratto a titolo oneroso o gratuito o di altro titolo idoneo.

L’art. 3 del D.M. 22 marzo 1997 (di attuazione dell’art.1, comma 4, della legge sopra citata) stabilisce che per fruire della detrazione è necessario che il soggetto privato conservi ed esibisca o trasmetta, a richiesta degli uffici finanziari, la seguente documentazione:

• quietanze di pagamento degli interessi passivi relativi al mutuo;

• copia del contratto di mutuo dal quale risulti che lo stesso è stato stipulato per realizzare gli interventi di recupero sopra descritti;

• copia della documentazione comprovante l’effettivo sostenimento delle spese di realizzazione degli interventi medesimi.

ATTENZIONE: La detrazione spetta solo relativamente agli interessi calcolati sull’importo del mutuo effettivamente utilizzato per il sostenimento, nel 1997 o negli anni successivi, delle spese relative agli interventi di recupero per la cui realizzazione è stato stipulato il contratto di mutuo. Pertanto, nel caso in cui l’ammontare del mutuo sia superiore alle menzionate spese documentate, la detrazione non spetta sugli interessi che si riferiscono alla parte di mutuo eccedente l’ammontare delle stesse.

n Operazioni in valuta

In alternativa all’accantonamento per rischi di cambio è consentita la valutazione della totalità dei debiti e dei crediti in valuta estera risultanti in bilancio, anche se rappresentati da obbligazioni o titoli similari, secondo il cambio rilevato alla data di chiusura dell’esercizio.

In entrambi i casi, comunque, non si tiene conto dei debiti e dei crediti per i quali il rischio di cambio è insussistente, in quanto coperto da contratti a termine, da contratti di assicurazione o da altri contratti aventi effetti sostanzialmente analoghi come, ad esempio, i contratti swap.

Con riguardo a questi ultimi contratti, aventi la finalità di annullare il rischio di cambio in modo che non si producano perdite o utili di cambio alla scadenza del contratto, si precisa che avrà rilevanza fiscale la valutazione del credito o del debito in coerenza con la valutazione del contratto di copertura.

Per le società che intrattengono in modo sistematico rapporti in valuta estera, viene consentita la tenuta della contabilità plurimonetaria; in tal caso concorrono a formare il reddito le differenze positive o negative risultanti dall’applicazione del cambio di fine esercizio ai saldi dei relativi conti.

n Opere, forniture e servizi di durata ultrannuale

Per le modalità di contabilizzazione del valore delle opere, forniture e servizi di durata ultrannuale, a norma dei primi quattro commi dell’art. 60 del Tuir e per la compilazione del prospetto da predisporre e conservare, si fa richiamo alle istruzioni contenute nella circolare n. 36 del 22 settembre 1982 pubblicata, nella G.U. del 18 ottobre 1982 n. 287.

Per effetto del combinato disposto dell’art. 60, comma 5, del Tuir e dell’art. 9 del D.P.R. n. 42 del 1988, le imprese che contabilizzano in bilancio le opere, forniture e servizi di durata ultrannuale valutando le rimanenze al costo, possono essere autorizzate, previa richiesta presentata o spedita mediante raccomandata all’ufficio delle imposte, ad adottare lo stesso metodo anche ai fini della determinazione del reddito, tenendo presente che l’autorizzazione ha effetto dall’esercizio in corso alla data in cui è rilasciata (o si intende rilasciata). La richiesta si intende accolta se l’ufficio non notifica avviso contrario entro tre mesi dalla data di presentazione o di spedizione dell’istanza. Si precisa che detto metodo di valutazione si applica relativamente a tutte le opere, forniture e servizi pattuiti come oggetto unitario di contratti la cui esecuzione ha inizio nell’esercizio nel quale l’autorizzazione è stata concessa (o si intende concessa) nonché alle opere, forniture e servizi la cui esecuzione ha avuto inizio in esercizi precedenti limitatamente alle rimanenze formatesi a decorrere dal predetto esercizio.

n Plusvalenze patrimoniali

L’operatività della scelta per la tassazione delle plusvalenze realizzate in quote costanti, già prevista dalla previgente normativa, è subordinata alla condizione che i beni siano stati posseduti da almeno tre anni, computando detto termine secondo le disposizioni dell’art. 2963 del codice civile.

Si precisa che i beni già detenuti in locazione finanziaria si devono ritenere acquisiti nel giorno in cui ha effetto il riscatto e che in caso di cessione d’azienda occorre far riferimento al giorno in cui la stessa è stata acquisita o l’impresa si è costituita.

Si precisa inoltre che in caso di conferimento dei beni dell’impresa familiare in società in nome collettivo o in accomandita semplice ai sensi dell’art. 29 comma 1, della legge n. 413 del 1991, ai fini del computo del periodo di possesso di cui all’art. 54, comma 4, si tiene conto anche del periodo in cui i beni medesimi sono stati posseduti dall’impresa familiare poiché il conferimento non costituisce cessione ai fini delle imposte sui redditi.

Si ricorda che concorrono a formare il reddito le plusvalenze iscritte nello stato patrimoniale, restando pertanto irrilevante la eventuale menzione del maggiore valore nella nota integrativa.

Per i beni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie la disposizione che consente di far concorrere a tassazione le plusvalenze per quote costanti si applica per quelli iscritti come tali negli ultimi tre bilanci; le plusvalenze realizzate si considerano riferite innanzitutto alle immobilizzazioni finanziarie acquisite in data più recente.

I maggiori valori delle immobilizzazioni finanziarie costituite da partecipazioni in imprese controllate o collegate – valutate in base al "metodo del patrimonio netto" – non concorrono a formare il reddito nell’esercizio per la parte eccedente le minusvalenze già dedotte. Tali maggiori valori concorrono a formare il reddito nell’esercizio e nella misura in cui siano comunque realizzati (ad esempio, per cessione della partecipazione o incasso dividendi).

n Quote di partecipazione agli utili

La deducibilità delle quote di partecipazione agli utili spettanti agli associati in partecipazione è consentita:

– se il contratto di associazione in partecipazione risulta da atto pubblico e da scrittura privata registrata;

– se tale contratto contiene la specificazione dell’apporto e, qualora questo sia costituito da denaro e altri valori, elementi certi e precisi comprovanti l’avvenuto apporto;

– se, con riguardo all’ipotesi di apporto costituito dalla prestazione di lavoro, gli associati non sono familiari dell’associante compresi tra quelli per i quali l’imprenditore non può fruire di deduzioni a titolo di compenso del lavoro prestato o dell’opera svolta, ai sensi del comma 2 dell’art. 62 del Tuir;

– se il contratto di associazione non consiste nell’apporto rappresentato dall’emissione da parte dell’associante, di titoli o certificati in serie o di massa, i cui proventi sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta ai sensi dell’art. 5 del D.L. 30 settembre 1983, n. 512 convertito dalla legge 25 novembre 1983, n. 649.

Si rileva, infine, che l’attribuzione delle quote di utili spettanti all’associato in partecipazione, da portare in diminuzione del reddito d’impresa dell’associante, deve trovare obiettiva giustificazione nel lavoro effettivamente prestato o nell’entità dell’apporto di beni.

n Ravvedimento operoso

L’art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, consente al contribuente di regolarizzare, mediante il ravvedimento, le violazioni commesse in sede di predisposizione e di presentazione della dichiarazione, nonché di pagamento delle somme dovute.

Il ravvedimento comporta delle riduzioni automatiche alle misure minime delle sanzioni applicabili, a condizione che le violazioni oggetto della regolarizzazione non siano state già constatate e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento (inviti di comparizione, questionari, richiesta di documenti, etc...) delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza.

La dichiarazione integrativa deve essere presentata ad un ufficio postale, con una normale busta di corrispondenza di dimensioni idonee a contenerla senza piegarla. Sulla busta deve essere indicata la dicitura: "Dichiarazione integrativa ravvedimento operoso Modello 750/98".

Le fattispecie individuate dal predetto art. 13 sono le seguenti:

1. mancato pagamento, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, delle somme risultanti dovute dalla dichiarazione a titolo di acconto o di saldo. La sanzione del 30 per cento è ridotta al 3,75 per cento se il pagamento viene eseguito entro trenta giorni dalle prescritte scadenze, a condizione che venga contestualmente eseguito anche il pagamento della sanzione ridotta e degli interessi moratori calcolati al tasso legale del 5 per cento annuo con maturazione giorno per giorno.

2. Violazioni relative al contenuto della dichiarazione non incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo (quali, ad esempio, l’omessa o errata indicazione dei dati rilevanti per l’individuazione del contribuente e del suo rappresentante; redazione della dichiarazione non in conformità al modello approvato dal Ministro delle finanze). La sanzione pecuniaria minima (lire 500.000) prevista per tali violazioni è ridotta:

• a lire 62.500 se le omissioni o gli errori sono regolarizzati entro tre mesi dalla data di presentazione della dichiarazione;

• a lire 83.333 se le omissioni o gli errori sono regolarizzati entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno di imposta successivo.

Le violazioni si intendono regolarizzate se, entro i termini prescritti, viene presentata una dichiarazione integrativa corretta (da redigere su modello conforme a quello approvato con decreto del Ministro delle finanze, utilizzando anche fotocopia o altri mezzi di riproduzione del modello pubblicato in Gazzetta Ufficiale) e viene eseguito il pagamento della sanzione ridotta.

3. Errori ed omissioni nelle dichiarazioni incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo.

a) Errori rilevabili in sede di liquidazione delle imposte dovute ai sensi degli artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. n.600 del 1973, quali: errori materiali e di calcolo nella determinazione degli imponibili e delle imposte; indicazione in misura superiore a quella spettante di detrazioni di imposta, di oneri deducibili o detraibili, di ritenute d’acconto e di crediti di imposta.

La sanzione pecuniaria prevista nella misura del 30 per cento della maggiore imposta o della differenza del credito utilizzato è ridotta al 5 per cento a condizione che entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo:

• venga eseguito il pagamento della sanzione ridotta, del tributo dovuto e degli interessi moratori calcolati al tasso legale del 5 per cento annuo con maturazione giorno per giorno;

• venga presentata una dichiarazione integrativa redatta su modello conforme a quello approvato con decreto del Ministro delle finanze, utilizzando anche fotocopia o altri mezzi di riproduzione del modello pubblicato in Gazzetta Ufficiale;

b) errori ed omissioni non rilevabili in sede di liquidazione delle imposte dovute ai sensi degli artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, quali: omessa o errata indicazione di redditi; errata determinazione di redditi; esposizione di indebite detrazioni di imposta ovvero di indebite deduzioni dall’imponibile.

La sanzione pecuniaria minima prevista, pari al 100 per cento della maggiore imposta dovuta o della differenza del credito spettante, è ridotta al 16,66 per cento a condizione che entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo:

• venga eseguito il pagamento della sanzione ridotta, del tributo dovuto e degli interessi moratori calcolati al tasso legale del 5 per cento annuo con maturazione giorno per giorno;

• venga presentata una dichiarazione integrativa redatta su modello conforme a quello approvato con decreto del Ministro delle finanze, utilizzando anche fotocopia o altri mezzi di riproduzione del modello pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Nei casi in cui si intendano regolarizzare contestualmente errori ed omissioni indicati ai precedenti punti a) e b), deve essere presentata un’unica dichiarazione integrativa ed effettuato il pagamento delle somme complessivamente dovute.

4. Mancata presentazione della dichiarazione entro il termine prescritto.

Se la dichiarazione è presentata con ritardo non superiore a trenta giorni, la sanzione minima prevista è ridotta ad un ottavo (15 per cento dell’imposta dovuta, con un minimo di lire 62.500anche nella ipotesi in cui non siano dovute imposte), a condizione che entro lo stesso termine venga eseguito il pagamento della sanzione ridotta, oltre al pagamento, se dovuto, del tributo e degli interessi moratori calcolati al tasso legale del 5 per cento annuo con maturazione giorno per giorno.

n Redditi di capitale di fonte estera soggetti ad imposta sostitutiva

Con questa denominazione viene fatto riferimento ad una serie di redditi di capitale per i quali il legislatore ha disposto, in via di massima, l’esclusione dal concorso alla formazione del reddito complessivo soggetto all’Irpef in quanto trattasi di redditi che, se conseguiti in Italia per il tramite di un soggetto al quale viene attribuita la veste di sostituto d’imposta, sarebbero stati assoggettati ad una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta.

Tali redditi, percepiti a decorrere dal 1997, sono soggetti, al pagamento di un’imposta sostituiva nella misura della ritenuta applicata in Italia sui redditi della stessa natura (art. 16 bis del Tuir introdotto dall’art. 21 della L. 27 dicembre 1997, n. 449).

Si reputa opportuno ricordare le ipotesi più ricorrenti alle quali si applica il regime in questione (salva l’opzione del contribuente per il regime ordinario).

Fra i redditi di fonte estera si devono quindi ricomprendere:

a) gli interessi e altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti;

b) gli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e degli altri titoli di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 601 del 1973 e degli altri titoli con regime fiscale equiparato, emessi all’estero a decorrere dal 10 settembre 1992, nonché gli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni medesime e di quelle emesse da non residenti, che vengono riconosciuti, sia in modo esplicito che implicito, nel corrispettivo di acquisto dei titoli stessi da soggetti non residenti;

c) i proventi derivanti da cessioni a termine di obbligazioni e titoli similari effettuate nei confronti di non residenti;

d) i proventi, compresa la differenza tra il valore di riscatto o di cessione delle quote o azioni ed il valore di sottoscrizione o acquisto, derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero, situati negli Stati membri della UE, conformi alle direttive comunitarie, percepiti da persone fisiche senza applicazione della ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 12,50 per cento;

e) i proventi derivanti dalle operazioni di finanziamento in valori mobiliari di cui all’art. 7 del D.L. 8 gennaio 1996, n. 6, convertito dalla L. 6 marzo 1996, n. 110, corrisposti da soggetti non residenti.

n Redditi di impresa esclusi dall’Ilor

Per effetto della disposizione contenuta nella lett. e-bis del comma 2, dell’art. 115 del Tuir, sono esclusi dall’ILOR i redditi di impresa derivanti dall’esercizio di attività commerciali svolte da soggetti diversi da quelli indicati al comma 1 dell’art. 87 del Tuir, organizzate prevalentemente con il lavoro dei soci a condizione che il numero complessivo delle persone addette, esclusi gli apprendisti fino ad un massimo di tre, compresi i soci, non sia superiore a tre.

Si ricorda, al riguardo, che per la verifica del rispetto del predetto limite dei tre addetti occorre adottare il criterio della presenza media nel corso dell’anno. La predetta media va determinata sommando le giornate di lavoro riferibili a tutti gli addetti, nel periodo di imposta di riferimento, e dividendo il risultato per 312. Per l’individuazione del numero delle giornate dei lavoratori dipendenti si fa riferimento alle giornate retribuite risultanti dai modelli DM10 o, per i lavoratori dipendenti a tempo parziale, dai modelli 01M.

Per i soci che non apportano esclusivamente capitale si presumono lavorate 312 giornate, da ragguagliare al periodo di effettivo esercizio dell’attività se questa è iniziata o cessata nel corso dell’anno. Qualora il socio partecipi a più società e/o eserciti direttamente l’attività, il numero delle giornate lavorate si presume pari a quello che si ottiene dividendo 312 per il numero delle attività esercitate in forma individuale e collettiva.

Ai fini dell’esonero dall’ILOR si richiede pertanto sia la sussistenza del predetto requisito numerico sia la prevalenza della componente lavoro nella organizzazione dell’attività.

Quest’ultimo requisito, in linea di principio, deve ritenersi normalmente sussistente con riguardo all’esercizio di attività commerciali svolte da imprese artigiane iscritte nel relativo albo, di imprese che esercitano attività di commercio al minuto, attività di somministrazione di alimenti e bevande in pubblici esercizi o in mense aziendali o attività di intermediazione o rappresentanza commerciale e imprese che esercitano la pesca marittima o in acque interne.

In relazione alla verifica della sussistenza del suddetto requisito della prevalenza della componente lavoro nella organizzazione dell’attività, si precisa che, pur non potendosi stabilire specifici parametri di riferimento, può essere un utile indirizzo, tenere presente, il valore dei beni utilizzati e delle rimanenze finali, che, ai fini di cui trattasi, deve essere complessivamente inferiore ad un miliardo di lire.

n Regime della ritenuta applicabile sui capitali derivanti da contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione

L’art. 3, comma 113, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 ha modificato il regime della ritenuta applicabile sui capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione, disponendo che, nei confronti dei soggetti che percepiscono i suddetti capitali nell’esercizio di attività commerciali, la ritenuta del 12,50 per cento prevista dell’art. 6 della legge 26 settembre 1985, n. 482, si applica a titolo di acconto.

La modifica in questione riguarda i contratti stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge n. 549 del 1995. Pertanto, sui capitali derivanti da contratti stipulati anteriormente a tale data la ritenuta continuerà ad applicarsi a titolo d’imposta anche se percepiti successivamente.

n Regolarizzazione delle società semplici in agricoltura

L’art. 3, comma 75, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, prevede la regolarizzazione, ai soli fini fiscali, delle società semplici operanti in agricoltura applicando, in quanto compatibili, le disposizioni dei commi da 68 a 74 del medesimo articolo.

A seguito dell’intervenuta regolarizzazione, ai fini della dichiarazione dei redditi, la società semplice compila il Mod. 750, indicando il reddito agrario del terreno in conduzione e il reddito dominicale, qualora ne sia anche proprietaria.

La regolarizzazione ha effetto per l’intero periodo d’imposta e pertanto nel quadro RD in questi casi, in linea di massima, deve essere compilato un solo rigo.

Lo stesso art. 3, comma 75-bis, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, così come inserito dall’art. 9-bis, comma 2, del D.L. 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 magio 1997, n. 140, prevede la modificazione in imprese agricole individuali delle comunioni tacite familiari di cui all’art. 230-bis, ultimo comma, del c.c. e delle società di fatto esercenti attività indicate dall’art. 2135 del c.c. In questi casi non deve essere utilizzato questo modello, ma il Mod. UNICO 98, relativo alle persone fisiche. Anche la modificazione, infatti, ha effetto per l’intero periodo d’imposta.

n Riduzione del reddito dei terreni

Terreni in affitto

In caso di terreni concessi in affitto in regime legale di determinazione del canone è consentito dichiarare, indipendentemente dall’effettiva percezione, l’ammontare corrispondente al canone annuo di affitto se questo risulta inferiore all’80 per cento del reddito dominicale. In tal caso nella colonna 2 indicare il codice 2 e, nella colonna 7, l’ammontare del canone annuo rapportato al periodo e alla percentuale di possesso. Se non ricorre invece tale condizione, nella colonna 7 indicare la quota spettante del reddito dominicale.

Mancata coltivazione

La mancata coltivazione, neppure in parte, per un’intera annata agraria e per cause non dipendenti dalla tecnica agraria, del fondo rustico costituito per almeno due terzi da terreni qualificati come coltivabili a prodotti annuali, dà diritto alla riduzione al 30% del reddito dominicale e alla esclusione del reddito agrario dall’IRPEF. In tal caso indicare nella colonna 6 il codice 1 e nella colonna 7 il 30 per cento del reddito dominicale, indicato in colonna 1, rapportato alla percentuale ed al periodo di possesso. Nessun importo deve essere indicato nella colonna 8. Rientrano in queste ipotesi anche i casi di ritiro di seminativi dalla produzione, sempreché i terreni costituenti il fondo rustico siano rimasti effettivamente incolti per l’intera annata agraria, senza sostituzione, neppure parziale, con altra diversa coltivazione.

Perdita di prodotto

In caso di perdita, per eventi naturali, di almeno il 30% del prodotto ordinario del fondo nell’anno, se il possessore danneggiato ha denunciato all’Ufficio Tecnico Erariale l’evento dannoso entro tre mesi dalla data in cui si é verificato ovvero, se la data non sia esattamente determinabile, almeno 15 giorni prima dell’inizio del raccolto, i redditi dominicale e agrario relativi ai terreni colpiti dall’evento stesso sono esclusi dall’IRPEF. In tal caso nessun importo deve essere indicato nelle colonne 7 e 8 e nella colonna 6 va indicato il codice 2.

n Rimborsi per trasferte [art. 62, comma 1-ter, del Tuir]

Ai sensi dell’art. 62, comma 1-ter, del Tuir, le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sono ammesse in deduzione per un ammontare giornaliero non superiore a lire 350.000; il predetto limite è elevato a lire 500.000 per le trasferte all’estero.

Al riguardo è opportuno precisare che il limite di deducibilità si riferisce esclusivamente ai rimborsi a piè di lista. Inoltre qualora l’alloggio venga fornito gratuitamente, ai fini del computo del predetto limite si deve tener conto dei costi specifici sostenuti dal datore di lavoro per i servizi di alloggio. Tali costi specifici potranno essere portati in deduzione, nel predetto limite massimo giornaliero, soltanto per i giorni di effettiva trasferta effettuata nell’anno. Rimangono pertanto indeducibili i costi specifici relativi ai giorni di mancato utilizzo dei predetti alloggi destinati a dipendenti in trasferta.

Se il dipendente o il titolare dei predetti rapporti è stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di sua proprietà ovvero noleggiato al fine di essere utilizzato per una specifica trasferta, è consentito portare in deduzione dal reddito d’impresa un importo non superiore al costo di percorrenza o a quello risultante dall’applicazione delle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali ovvero 20, se con motore diesel. Tale disposizione, che non si applica agli autoveicoli aziendali, esplica effetti anche nelle ipotesi in cui il dipendente o il collaboratore sia stato autorizzato ad utilizzare il proprio autoveicolo o un autoveicolo preso a noleggio per una specifica trasferta all’estero ovvero sia stato noleggiato un autoveicolo con il conducente. Ai fini della quantificazione dei predetti costi di percorrenza si deve fare riferimento alla media dei costi delle suddette autovetture appositamente calcolata dall’Automobile Club d’Italia ovvero, nelle ipotesi di noleggio, alla media delle tariffe di noleggio.

n Sanzioni

Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di lire cinquecentomila. Se non sono dovute imposte, si applica la sanzione da lire 500.000 a lire 2.000.000.

Quest’ultima sanzione può essere aumentata fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili.

La dichiarazione è nulla se non è redatta su stampati conformi al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale; in tale ipotesi si applicano le sanzioni previste per la omessa presentazione.

La dichiarazione deve essere sottoscritta, a pena di nullità, dal rappresentante legale o negoziale. La nullità è sanata se si provvede alla sottoscrizione entro trenta giorni dal ricevimento dell’invito da parte dell’ufficio competente. In caso di mancata sottoscrizione per la quale non sia intervenuta detta sanatoria, la dichiarazione viene considerata omessa e si applicano le sanzioni previste per la omessa presentazione.

La sanzione prevista per l’omessa presentazione della dichiarazione è applicabile anche quando la dichiarazione è presentata oltre i termini prescritti. Tuttavia, se la dichiarazione è presentata con ritardo non superiore a trenta giorni, la sanzione è ridotta ad un ottavo del minimo (quindici per cento dell’imposta dovuta, con un minimo di lire 62.500), a condizione che venga eseguito contestualmente il pagamento della sanzione ridotta e degli interessi moratori calcolati al tasso legale del 5 per cento annuo con maturazione giorno per giorno.

Se nella dichiarazione è indicato un reddito imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un’imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della maggiore imposta o della differenza del credito. La stessa sanzione si applica se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni d’imposta ovvero indebite deduzioni dell’imponibile.

Se la dichiarazione non è redatta in conformità al modello approvato dal Ministro delle finanze si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 500.000 a lire 4.000.000. La medesima sanzione amministrativa si applica anche se nella dichiarazione sono omessi o non sono indicati in maniera esatta o completa dati rilevanti per l’individuazione del contribuente e del rappresentante legale o negoziale, nonché per la determinazione del tributo, oppure non è indicato in maniera esatta e completa ogni altro elemento di controllo.

Per il mancato o carente versamento delle imposte dichiarate, è applicabile la sanzione amministrativa pari al 30 per cento delle somme non versate o versate oltre le prescritte scadenze.

Se il pagamento del tributo è eseguito entro trenta giorni dalle prescritte scadenze, la sanzione del 30 per cento è ridotta al 3,75 per cento, a condizione che venga eseguito contestualmente il pagamento della sanzione ridotta e degli interessi moratori calcolati al tasso legale del 5 per cento annuo con maturazione giorno per giorno.

Identica sanzione del 30 per cento è applicabile sui maggiori importi risultanti dovuti a seguito della liquidazione operata ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

Se, a richiesta dell’ufficio, non degli oneri deducibili, è esibita o trasmessa idonea documentazione delle detrazioni d’imposta, delle ritenute alla fonte e dei crediti d’imposta spettanti indicati nella dichiarazione e che hanno concorso a determinare l’imposta dovuta o il rimborso, si applica la sanzione amministrativa da lire 500.000 a lire 4.000.000.

La stessa sanzione si applica nei casi di mancanza o incompletezza degli altri atti e documenti dei quali è prescritta la conservazione, l’esibizione all’ufficio ovvero l’allegazione degli stessi qualora sia prevista dal decreto di approvazione del modello di dichiarazione.

L’inesatta indicazione del codice fiscale nella dichiarazione dei redditi è punita, indipendentemente dalle altre sanzioni riguardanti il contenuto della dichiarazione stessa, con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 200.000 a lire 4.000.000.

La stessa sanzione si applica a carico del soggetto che indichi il numero di codice fiscale provvisorio pur avendo già ricevuto quello definitivo ovvero che indichi il numero di codice fiscale rilasciato in data meno recente nel caso gli siano pervenute più comunicazioni.

Si richiama l’attenzione sulle specifiche sanzioni, previste dall’art. 4 della legge 24 aprile 1980, n. 146, in materia di dichiarazione dei redditi di fabbricati. In particolare, sono previste le ipotesi di omessa denuncia di accatastamento di fabbricati e conseguente omissione di dichiarazione del relativo reddito, di omessa dichiarazione del reddito delle costruzioni rurali che non hanno più i requisiti per essere considerate tali.

Si ricorda, inoltre, che gli atti pubblici tra vivi e le scritture private autenticate di trasferimento della proprietà di unità immobiliari urbane o di costituzione o trasferimento di diritti reali sulle stesse, con esclusione di quelli relativi a parti comuni condominiali di immobili urbani e di quelli di costituzione di diritti reali di garanzia, devono contenere o avere allegata, a pena di nullità dell’atto stesso, la dichiarazione della parte o del suo rappresentante legale o volontario, resa ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, dalla quale risulti che il reddito fondiario dell’immobile è stato dichiarato nell’ultima dichiarazione dei redditi per la quale il termine di presentazione è scaduto alla data dell’atto, ovvero l’indicazione del motivo per cui lo stesso non è stato, in tutto o in parte, dichiarato. In questo caso, il notaio dovrà trasmettere copia dell’atto o della scrittura privata autenticata, entro sessanta giorni, al competente ufficio delle imposte.

Ferme restando le sanzioni di cui sopra, si richiama l’attenzione sulle sanzioni penali previste dagli articoli 1 e 4 del D.L. 10 luglio 1982, n. 429, convertito dalla legge 7 agosto 1982, n. 516 e successive modificazioni.

In particolare, l’omessa dichiarazione costituisce reato, punito con l’arresto e l’ammenda, quando l’ammontare dei redditi fondiari, dei corrispettivi, ricavi, compensi, o altri proventi non dichiarati è superiore a 100 milioni di lire; qualora, invece, l’ammontare predetto è superiore a 50 milioni di lire ma non a 100 milioni di lire, si applica la pena dell’arresto o dell’ammenda.

Costituisce, altresì, reato l’infedele dichiarazione allorché sono indicati nella dichiarazione redditi fondiari o di capitale o altri redditi, in relazione ai quali non sussisteva l’obbligo dell’annotazione in scritture contabili, per un ammontare complessivo inferiore a quello effettivo di oltre 100 milioni; tale reato è punito con l’arresto e l’ammenda. Il reato sopra indicato è punito, invece, con l’arresto o l’ammenda qualora l’ammontare dei redditi dichiarati è inferiore a quello effettivo di oltre un quarto di questo ultimo e di oltre 50 milioni, ma non di 100 milioni.

Inoltre, si ricorda che l’articolo 1, comma 4, della citata legge n. 516/82, prevede la non punibilità agli effetti penali della omessa annotazione nelle scritture contabili obbligatorie ai fini delle imposte sui redditi di corrispettivi da cui derivano componenti positivi, a condizione che le annotazioni siano state effettuate in taluna di tali scritture contabili ovvero che i dati delle operazioni risultino da documenti la cui emissione e conservazione è obbligatoria a norma di legge e che i corrispettivi non annotati risultino compresi nella dichiarazione dei redditi e sia versata l’imposta globalmente dovuta.

Tuttavia, nel caso in cui non siano state effettuate le annotazioni in una delle scritture contabili di cui sopra o i dati relativi alle operazioni non annotate non risultino da documenti la cui emissione e conservazione è obbligatoria a norma di legge, è sufficiente che i corrispettivi risultino compresi nella dichiarazione e sia versata l’imposta globalmente dovuta.

Occorre peraltro che le annotazioni siano state effettuate o i documenti siano stati emessi o i corrispettivi siano compresi nella dichiarazione dei redditi prima che la violazione sia stata constatata e che siano iniziate ispezioni o verifiche.

Si rileva che ai sensi dell’art. 1, quarto comma, lett. c), del D.L. n. 429 del 1982, non si considerano omesse le annotazioni relative ad operazioni che non danno luogo all’applicazione delle relative imposte.

Inoltre è sanzionata penalmente la falsa attestazione in ordine alla sussistenza dei requisiti per fruire delle deduzioni ai fini dell’ILOR di cui all’art. 120, commi 1 e 2 del Tuir.

n Spese di manutenzione e riparazione (reddito d’impresa)

La disposizione contenuta nell’ultimo periodo del comma 7 dell’art. 67, in base alla quale i compensi periodici dovuti contrattualmente a terzi per la manutenzione di determinati beni sono deducibili nell’esercizio di competenza, non ha carattere vincolante, nel senso che l’impresa ha facoltà di optare per la deduzione di detti compensi nei limiti e con le modalità di cui alle disposizioni precedenti dello stesso comma.

Qualora l’impresa intenda avvalersi del criterio di deduzione di cui al citato ultimo periodo del comma 7, lo stesso criterio va mantenuto per tutti i periodi di imposta compresi nella durata del contratto. In tal caso eventuali spese di manutenzione, riparazione ecc., diverse dai predetti compensi periodici vanno incluse tra le altre spese (e sono quindi deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili), senza tener conto del costo di quelli la cui manutenzione è affidata a terzi.

n Spese di pubblicità, propaganda e rappresentanza [art. 74, comma 2, del Tuir]

Ai sensi dell’art. 74, comma 2, del Tuir, la deduzione delle spese di pubblicità e propaganda può essere effettuata per l’intero importo nell’esercizio di sostenimento ovvero, in quote costanti, nell’esercizio stesso e nei quattro successivi. Analogamente le spese di rappresentanza sono deducibili nella misura di un terzo del loro ammontare, in quote costanti, nell’esercizio di sostenimento e nei quattro successivi.

n Spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio

L’art. 13, comma 3, della L. 27 dicembre 1997, n. 449, prevede che la detrazione del 41 per cento dall’Irpef dovuta e fino a concorrenza del suo ammontare a fronte delle spese sostenute nel 1998 e 1999, ed effettivamente rimaste a carico, per la realizzazione sulle parti comuni di edifici residenziali e sulle singole unità immobiliari residenziali di qualunque categoria, anche rurale, di una serie di interventi di recupero del patrimonio edilizio, sia estesa anche alle spese sostenute nei periodi d’imposta 1996 e 1997, limitatamente agli interventi effettuati a seguito degli eventi sismici verificatisi nelle regioni Emilia-Romagna e Calabria nell’anno 1996 per il ripristino delle unità immobiliari per le quali è stata emanata, in seguito al sisma, ordinanza di inagibilità da parte dei comuni di pertinenza, ovvero che risultino inagibili sulla base di apposite certificazioni del Commissario delegato nominato con ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile, ai sensi dell’art. 5 della L. 24 febbraio 1992, n. 225.

Il limite di spesa su cui applicare la percentuale del 41 per cento compete sino ad un importo massimo di lire 150 milioni riferito a ciascuno dei soggetti, possessori o detentori dell’immobile che abbia sostenuto le spese, alla singola unità immobiliare sulla quale sono stati effettuati gli interventi di recupero e a ciascun periodo d’imposta.

Per le spese sostenute nel 1997, la detrazione, suddivisa, a scelta del socio, in cinque o dieci rate di pari importo, è fruita a partire dalla dichiarazione dei redditi del 1997, che si presenterà questo anno.

Per fruire della detrazione relativamente alle spese sostenute nel 1996, invece, i singoli soci devono presentare al Centro di Servizio delle imposte dirette e indirette, in aggiunta all’apposito modulo corredato della documentazione prescritta (che può anche essere presentata dalla società o da un altro socio), un’apposita istanza, contenente l’indicazione del numero delle rate in cui intendono suddividere la detrazione e la richiesta di rimborso della prima rata, fino a concorrenza dell’imposta dovuta per lo stesso anno 1996. Per fruire delle rimanenti quote della detrazione queste dovranno essere indicate nella dichiarazione dei redditi, a partire da questa nella quale va indicata la seconda rata.

In merito alla individuazione delle categorie di intervento di recupero del patrimonio edilizio ammesse a fruire della detrazione e alle modalità e condizioni si rinvia rispettivamente, ai chiarimenti forniti con la circolare n. 57/E del 24 febbraio 1998 e alle istruzioni contenute nel decreto n. 41 del 18 febbraio 1998 e nel decreto dirigenziale del 6 marzo 1998, pubblicati nella G.U. n. 60 del 13 marzo 1998.

n Terreni adibiti a colture prodotte in serra o alla funghicoltura

L’attività di funghicoltura è considerata agricola se vengono rispettati i limiti di cui all’art. 29, comma 2, lettere b) e c) del Tuir.

In tal caso i redditi dominicale ed agrario delle superfici adibite alla funghicoltura, in mancanza della corrispondente qualità nel quadro di qualificazione catastale, sono determinati mediante l’applicazione della tariffa d’estimo più alta in vigore nella provincia dove é sito il terreno.

Tale metodo di determinazione dei redditi dominicale e agrario si applica anche alle superfici adibite alle colture prodotte in serra.

n Trasferimento di sede all’estero [art. 20-bis del Tuir]

Ai sensi dell’art. 20-bis del Tuir, il trasferimento all’estero della residenza o della sede dei soggetti che esercitano imprese commerciali, che comporti la perdita della residenza ai fini delle imposte sui redditi, costituisce realizzo, al valore normale, dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale, salvo che non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato. Tale disposizione si applica anche se successivamente i componenti confluiti nella stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato ne vengano distolti. Si considerano in ogni caso realizzate, al valore normale, le plusvalenze relative alle stabili organizzazioni all’estero.

I fondi in sospensione d’imposta, inclusi quelli tassabili in caso di distribuzione, iscritti nell’ultimo bilancio prima del trasferimento della residenza o della sede, sono assoggettati a tassazione nella misura in cui non siano stati ricostituiti nel patrimonio contabile della stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato.

n Unità immobiliari a disposizione (U.I.D.)

Per unità immobiliari a disposizione, per le quali si applica l’aumento di un terzo della rendita catastale, si intendono le unità immobiliari adibite ad abitazione, possedute in aggiunta a quella utilizzate come abitazione principale del possessore o dei suoi familiari o adibite all’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali da parte degli stessi.

Nel caso in cui le unità immobiliari siano state utilizzate come residenze secondarie o tenute a propria disposizione solo per una parte dell’anno per essere state per la restante parte utilizzate diversamente (trasferimento, locazione), l’aumento di un terzo dovrà essere rapportato alla frazione di anno per la quale si è verificata la situazione di residenza secondaria prevista dalla legge. Analogamente dovrà essere operato in caso di trasferimento a qualsiasi titolo dell’unità immobiliare.

n Variazioni di coltura dei terreni

Ai fini della determinazione del reddito dei terreni, se la coltura effettivamente praticata non corrisponde a quella risultante dal catasto, i contribuenti devono determinare il reddito dominicale e agrario applicando la tariffa d’estimo media attribuibile alla qualità di coltura praticata e le deduzioni fuori tariffa. La tariffa media attribuibile alla qualità di coltura praticata è costituita dal rapporto tra la somma delle tariffe imputate alle diverse classi in cui è suddivisa la qualità di coltura ed il numero delle classi stesse. Per le qualità di coltura non censite nello stesso comune o sezione censuaria si applicano le tariffe medie e le deduzioni fuori tariffa attribuite a terreni con le stesse qualità di coltura ubicati nel comune o sezione censuaria più vicina nell’ambito della stessa provincia. Qualora la coltura praticata non trovi riscontro nel quadro di qualificazione della provincia, si applica la tariffa media della coltura del comune o sezione censuaria in cui i redditi sono comparabili per ammontare.

La determinazione del reddito dominicale e agrario secondo le modalità sopra riportate deve avvenire a partire:

• dal periodo di imposta successivo a quello in cui si sono verificate le variazioni di coltura che hanno causato l’aumento del reddito;

• dal periodo di imposta in cui si sono verificate le variazioni di coltura che hanno causato la diminuzione del reddito, qualora la denuncia della variazione all’Ufficio Tecnico Erariale sia stata presentata entro il termine previsto dalla legge, ovvero se la denuncia è presentata dopo detto termine, dal periodo d’imposta in cui la stessa è presentata.

Si ricorda che i contribuenti hanno l’obbligo di denunciare le variazioni dei redditi dominicale e agrario al competente Ufficio Tecnico Erariale entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello in cui si sono verificate, indicando la partita catastale e le particelle cui le variazioni si riferiscono e unendo la dimostrazione grafica del frazionamento se le variazioni riguardano porzioni di particelle. In caso di omessa denuncia delle situazioni che danno luogo a variazioni in aumento del reddito dominicale dei terreni e del reddito agrario si applica una pena pecuniaria da lire 500.000 a lire 4.000.000.

Se il terreno è dato in affitto per uso agricolo la denuncia può essere presentata direttamente dall’affittuario.

n Versamenti delle imposte

I versamenti delle imposte risultanti dalla dichiarazione (Ilor, imposta sul patrimonio netto, imposte sostitutive, IRAP, ecc.) devono essere effettuati utilizzando la delega unica di pagamento (mod. F24) prevista dall’art. 19 del D.Lgs. n. 241 del 9 luglio 1997, che sostituisce la modulistica di conto fiscale.

Il versamento può essere effettuato presso gli sportelli di qualsiasi concessionario o banca convenzionata, nonché presso gli uffici postali abilitati, indipendentemente dal domicilio fiscale del contribuente.

E’ ammessa l’utilizzazione di sistemi di pagamento diversi dal contante. In particolare, il pagamento può avvenire con assegni bancari o circolari, a condizione che gli stessi siano di importo pari al saldo finale della delega di versamento e siano tratti dal contribuente a favore di se stesso ovvero emessi a suo ordine e girati alla banca delegata. Presso i concessionari è ammessa l’utilizzazione dei soli assegni circolari mentre presso gli uffici postali abilitati sono utilizzabili assegni bancari su piazza e assegni circolari. Con riferimento alle modalità di pagamento mediante carte pagobancomat si rinvia al decreto ministeriale 14 marzo 1998 (G.U. n. 67 del 21-3-1998).

I contribuenti possono, altresì, avvalersi della facoltà di rateizzare i versamenti delle somme dovute in base alla dichiarazione a titolo di saldo e di acconto delle imposte. In ogni caso, il pagamento deve essere completato entro il mese di novembre dello stesso anno di presentazione della dichiarazione. I contribuenti che si avvalgono della rateizzazione sono obbligati a versare in modo frazionato tutti gli importi che risultano dovuti in base alla dichiarazione; non è possibile, ad esempio, scegliere di rateizzare l’Irap ma non l’Ilor o viceversa. È possibile rateizzare anche la prima rata dell’imposta sostitutiva dovuta in caso di operazioni di riorganizzazione aziendale risultante dal modello 750/RY.

La prima rata deve essere versata entro i termini di presentazione della dichiarazione; le altre rate devono essere versate entro il giorno 15 di ciascun mese di scadenza (comunque entro il mese di novembre). Nel quadro RO, rigo RO19, colonna 1, deve essere indicato in quante rate di pari importo il contribuente intende frazionare il pagamento.

L’importo da versare ad ogni scadenza è dato dalla somma dell’ammontare delle imposte dovute, diviso per il numero di rate, e degli interessi relativi alla singola rata, pari allo 0,50 per cento mensile.

In particolare per una dichiarazione con ordinario termine di presentazione e di effettuazione del versamento al 31 maggio il contribuente deve:

1. determinare l’ammontare dell’importo rateizzabile comprensivo della eventuale maggiorazione dello 0,50%;

2. dividere l’importo così ottenuto per il numero di rate prescelto.

Se il versamento della prima rata viene effettuato entro il 15 giugno, senza la maggiorazione dello 0,50%, le successive rate andranno versate alle seguenti scadenze, con gli interessi di seguito indicati:

– 15/7 0,50%;

– 15/8 1,00%;

– 15/9 1,50%;

– 15/10 2,00%;

– 15/11 2,50%.

Se, invece, il versamento della prima rata viene effettuato dal 16 al 30 giugno con la maggiorazione dello 0,50%, le successive rate, comprensive di tale maggiorazione, andranno versate alle seguenti scadenze, con gli interessi di seguito indicati:

– 15/7 0,25%;

– 15/8 0,75%;

– 15/9 1,25%;

– 15/10 1,75%;

– 15/11 2,25%.

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